Santa Maria del Carmine
Scopri la Meraviglia Artistica di Santa Maria del Carmine a Pavia
Questa che è la più bella chiesa di Pavia, fu cominciata, pare, nel 1390. Jacob la chiama “regina delle costruzioni lombarde in istile di transizione con mescolanza di stile gotico.”: transizione di intende, dallo stile gotico al lombardo del Quattrocento, o lombardesco. Tutta costruita in terracotta, quasi intatta all’esterno e all’ interno, prova che il mattone di buona fabbricazione può durare, come dice il Lose, più di certe qualità di pietra. Non se ne conosce l’autore : il Magenta pensa, non so con quale fondamento a Bernardo da Venezia.
La facciata (che non ha , a dir vero, lo slancio proprio dello stile gotico, ma somiglia piuttosto, tolti i particolari decorativi, alla basse e gravi facciate delle chiese romaniche di Pavia) è divisa da sei pilastri, culminanti in graziose aguglie, in cinque campate verticali, nelle quali si aprono tre porte; ed è terminata da un ricchissimo cornicione. Sopra le tre porte, quattro ampie bifore a sesto acuto; nel mezzo della campata centrale si apre un magnifico rosone. Le statuette di Maria e dell’ angelo Gabriele nelle due nicchie laterali al rosone si direbbero modellate, secondo il Meyer, dallo Amodeo.
E dell'Amadeo crede il Meyer il modello dei puttini dalla corta camicia che ornano le due portine laterali: essi infatti provengono dalle demolizioni di parte dei chiostri di S. Lanfranco e della Pusterla. I bassorilievi di plastica colorata sopra le porte della facciata (l’ Annunciazione sulla porta maggiore, san Pietro e san Paolo sulle laterali) sono opera del 1834 di Luigi Marchesi.
Quelle tre porte furono rifatte su disegno di un altro Marchesi Giuseppe, professore di architettura nell’ Università di Pavia.
I Fianchi della chiesa sono muniti di contrafforti quadrati e robusti, che terminano al tetto. A mezzodì della chiesa , si slancia verso il cielo l’agile campanile (1440-50), il più bello ed elegante dei campanili pavesi, adorno di colonnine di marmo bianco, che variano bellamente il colore della terracotta. L’ attiguo chiostro carmelitano è ora occupato dal regio Istituto Tecnico.
L’interno, nel quale regna una mistica penombra, anticamente aveva cinque navate, divenute tre, quando alle ultime due navate laterali di sostituirono due file di cappelle, separate dalle navate superstiti da eleganti cancelli. Nel santuario si vede un’ elegante edicoletta gotica del 1449. L’organo della chiesa è il primo costruito dai fratelli Lingiardi (1836), che dovevano poi dare il loro capolavoro alla chiesa di S. Francesco. Il pulpito fu eseguito nel 1879 dall’ intagliatore milanese G.B. Carpani, su disegno di Luigi Gaffuri. La sacrestia (1576) ha la facciata adorna di stucchi barocchi.
Questa chiesa è (ma più era una volta) ricca di insigni pitture. Vincenzo Foppa vi dipinse nel 1462 l'ormai distrutta cappella di san Bernardino. Resta bensì nella terza colonna a destra, di fronte alla cappella che fu già di san Bernardino, un affresco, che il Moiraghi attribuì al Foppa, rappresentante un santo eremita nel deserto, nudo e ritto in piedi, con un rosario nelle mani: e certo tutto indegna dell’arte del rinnovatore della pittura lombarda del Quattrocento. L’anno dopo (1463) Leonardo Vidolenghi da Marzano ornò le colonne e i pilastri di questo tempio di affreschi, alcuni dei quali rimangono, prezioso documento della scuola pittorica pavese. Essi sono quello dell’ultima colonna a sinistra della nave maggiore (la vergine in trono tra san Lucio e santa Lucia, e un giovane inginocchiato), quello della colonna di fronte a questa (il Crocifisso, la Vergine, san Giovanni evangelista, e a’ loro piedi die coniugi), e quello della penultima colonna di destra (Pietà, con fondo di Paese). Sulla seconda colonna a sinistra di chi entra per la porta maggiore, si vede una Pietà del 1513 affresco chiuso in una cornice di legno. L'affresco a destra di chi entra dalla porta maggiore è una bella Madonna col Bambino, tra i santi Antonio e Paolo, opera di un maestro pavese dei primi del Cinquecento. A una parete del braccio laterale di destra, un affresco in un quadro: la Vergine col Bambino (secolo Xv).
A una parete del braccio laterale di sinistra è appesa una gran tavola, che rappresenta Gesù vitto in predi sur un piedestallo tra la Madonna, sant'Anna, san Giovanni e sán Giuseppe e, nella predella, due santi carmelitani, la nascita della Vergine e la visita di Maria a Elisabetta: opera firmata e datata (ISIS) di Bernardino Lanzani da S. Colombano, più noto e più valente come affrescante. Notevole il trittico che si vede nell'ultima cappella a destra di chi entra (la Vergine tra sant'Agostino e san Ambrogio; in alto, l'Annunciazione e la Pietà), attribuito dal Magenta a Bernardino da Cotignola, del quale esisteva in questa chiesa l'ancona di san Sebastiano, che il Lanzi vide e descrisse. Di fronte c'è un notevole altare gotico, le cui statue e il pallio sono altrettanti reliquiari, dono del papa Pio X.
Sarebbe troppo lungo enumerare le pitture, del resto mediocri, dei pavesi M. A. Pellini, Tomaso Gatti, P:A: Barbieri Carlo Sacchi, G.B. e Bernardino Ciceri.Ma non passiamo dimentica e le pitture del Moncalvo nella sta cappella di destra (cappella di sant Anna) co un quadro rappresentante la titolare e nel fondo i vari modi di lavorare la lana; dello stesso Moncalvo santa Teresa frecciata da un angelo nella quarta cappella di sinistra; nella cappella seguente, san Bernardino da Feltre che distribuisce il pane ai poveri (1859), uno dei capolavori di Federico Faruffini ; e finalmente nella cappella di sant’ Antonio a destra dell’altar maggiore, alcuni dei primi lavori di Pasquale Massacra , due storie di sant’Agostino nel deserto delle lunette, e la statua di gesso del santo, sull’altare. L’ultima cappella della fila di sinistra fu affrescata da L. Morgari.
Nel corridoio che conduce alla sacrestia, si ammira il lavabo con pilastrini adomi di fregi e , nella parte superiore, l'incoronazione della Vergine: opera di G.A. Amadeo. Il Meyer la crede una delle più fini opere della giovinezza del grande scultore pavese; Malaguzzi, che, mentre attribuisce al periodo giovanile dell’attività dell’ Amedeo, anteriore al 1470, l’ incorniciatura a pilastri, delicatamente ornati, che regge la classica trabeazione del lavabo, vede nell’ elegante arca dell’acqua e nel nobile gruppo che la sormonta, il Redentore che incorona la Vergine, uno degli ultimi esempi dell’ultima maniera dell’ Amadeo, più vicina alla maestà cinquecentesca che l'ingenua grazia del 400.
Fonte: Pavia e i suoi monumenti