La Certosa
Tra le Mura Sacre - Un Viaggio nella Certosa di Pavia
Gian Galeazzo Visconti aveva più volte manifestato il proposito di avere, dice il Breventano “un palazzo per sua abitazione, un giardino per suo diporto, ed una cappella per sua devozione”. Già egli aveva il magnifico castello fondato, come diremo, dal padre suo Galeazzo nel 1360, con l’annesso amplissimo parco: non gli rimaneva dunque che erigere al termine del parco un tempio che esaltasse, con la Gloria di Dio, la potenza della famiglia Vissconti, destinata, secondo il suo disegno , a dominare tutta l’Italia.
Il tempio e il monastero , fondato da Gian Galeazzo, riuscì il più bello d’Italia, come dice il Gucciardini (Storia I, XIV,c, v), la più alta manifestazione dell’arte lombarda, dalle timide grazie del gotico al trionfo del più grandioso barocco. Lo splendore artistico della Certosa eclissò ben presto la gloria artistica della vetusta Pavia: e anche oggi spesso accade che il visitatore indugi nel verde piano, il cui silenzio è rotto solo dal rumore delle acque e dal canto dei rusignoli, e in cui sorge come per incanto la Certosa, dimentico che poco lungi lo attende Pavia, superba dei suoi vetusti monumenti.
L’economia del lavoro e i limiti impostimi mi costringono a contenermi di pochi cenni intorno alla Certosa, a illustrarla quale, anche sommariamente, non basterebbe tutto il volume (ma faremo approfondimenti su altre Rubriche): ma la Certosa gode di tale fama in tutto il mondo civile ed è già stata illustrata da tanti e così insigni maestri , che fra tutti i monumenti pavesi è la meno bisognosa di illustrazione.
Nel 1396 si cominciarono i lavori sotto la direzione di Bernardo da Venezia, al quale si debbono aggiungere Giacomo da Campione e Cristoforo di Beltramo. La prima pietra fu posata da Gian Galeazzo il 27 agosto 1396. Nel 1401 i monaci presero possesso della Certosa. Pochi mesi dopo, Gian Galeazzo moriva; e la costruzione della chiesa per circa mezzo secolo rimase interrotta alle fondamenta, secondo le quali la struttura della Certosa avrebbe dovuto avere una stretta analogia con quella del Duomo di Milano e del S.Petronio di Bologna. Il convento fu compiuto verso la metà del secolo XV, al punto da poter ricevere le decorazioni degli Zavattari. I lavori della chiesa invece furono ripresi solo dopo la proclamazione a duca di Milano di Francesco Sforza, il quale nel settembre del 1450 inviava alla Certosa l’architetto Giovanni Solario. Sotto la direzione di Guiniforte Solari figlio di Giovanni s’iniziava verso il 1462 la costruzione degli archi e delle volte della chiesa; mentre si lavorava alle decorazioni in terracotta dei due chiostri, e si affidava a V. Foppa la decorazione del chiostro grande. Guiniforte modificò profondamente l’organismo primitivo della chiesa. Dice infatti il Beltrami che “ mentre nella disposizione interna delle tre navate si rispettarono le proporzioni del tracciato del 1396, nel sistema delle volte e della copertura venne invece introdotta una radicale trasformazione , per cui, osservando la struttura esterna della chiesa, anziché vedere la disposizione di contrafforti o archi rampanti, accennati alla struttura interna delle volte, si vede il motivo dei loggianti ricorrenti sotto le cornici, tanto delle navate minori quanto della navata maggiore, motivo che rappresenta un ritorno alle tradizioni architettoniche dell’arte lombarda, pur presentandosi come elemento decorativo”.
Altro ritorno alla tradizione lombarda è la disposizione delle piccole absidi raggruppate intorno alle testate che terminano la navata trasversale e il coro. La facciata ideata da Guinforte sembra potersi ravvisare nel modello di chiesa che Gian Galeazzo offre alla Vergine nell’ affresco del Bergognone che nomineremo. Ma nel 1473 il priore dei sertosini affidò l’esecuzione della facciata a Cristoforo e Antonio Mantegazza , già orafi, e a G. A. Amedeo, i quali alla semplicità e solennità architettonica di Giuniforte sostituirono la più sfoggiata ricchezza di ornamenti scultorici, eseguiti con finezza più degna di orafi che di scultori. Nel 1495, anno della consacrazione del tempio, la decorazione della facciata era giunta all’altezza delle quattro finestre come si vede nel quadro del Bergognone, Cristo seguito dai certosini.
Nel 1491 Ludovico il Moro volle fosse rifatto più sontuoso il coro; e intanto la decorazione delle volte delle cappelle e della chiesa e le pale d’altare erano affidate a B. Montagna, al Perugino, al Borgognone, a Macrino d’ Alba. Dal 1492 al 1497 Gian Cristoforo Romano e il Brosco attendevano al mausoleo di Gian Galeazzo : uno dei capolavori della scultura lombarda nell’età del l’oro. Dirò a questo proposito che in nessun altro luogo, meglio che nella Certosa, si può studiare , né i suoi pregi e n’è i suoi difetti, la scultura lombarda dalla metà del XV al XVII. La facciata fu compiuta nel 1540. Per circa un secolo la Certosa seguitò ad arricchirsi di opere d’arte , nelle quali, se non risplende l’ intenzione di sfoggiare fasto e ricchezza e pel pregio della materia e per la finezza dell’ esecuzione. Già al Montaigne , che visitava la mezza dell’esecuzione. Già al Montaigne, che visitava la Certosa nel 1581, pareva di visitare, anzichè un monastero, la corte di un grandissimo principe .Dopo molte vicende, che qui accadde raramente, la Certosa, come le badie di Montecassino, Cava de’ Tirreni, S. Martino della Scala Monreale, in virtù della legge 7 luglio 1866 relativa alla soppressione delle congregazioni religiose, passò alla dipendenza della pubblica istruzione, e fu affidata all’Ufficio regionale dei documenti di Lombardia.
Descrizione della Certosa:
Per un vestibolo , compito nel 1434, decorato esternamente da affreschi dal pavese Bernardino de’ Rossi (1508), e che ha nell’ interno una porta di marmo riccamente scolpita , si entra nel piazzale , circondato da edifizi, tra i quali degno di nota il Palazzo Ducale , costruito verso il 1625 da Francesco maria Richico.
La facciata di marco di Carrara e di Candoglia, fu iniziata su disegno di Guiniforte Solari, verso il 1473, da Cristoforo e Antonio Mantegazza , e fino al 1499 continuata da G A Amadeo, a cui successe Benedetto Briosco, che ebbe una schiera di collaboratori; coi pilastri e con le sue gallerie trasversali rammenta le facciate delle chiese romaniche di Lombardia. Peccato che Cristoforo Lombardo, terminandola nel 1540, abbia sostituito al coronamento cuspidale una linea orizzontale! Questa facciata , che il Burckhardt chiama il maggior capolavoro decorativo d’Italia e del mondo , è coperta quasi tutta (se ne togli lo scomparto centrale della parte superiore , con quella finestra cincquecentesca, alquanto pesante) di mirabili sculture: nello zoccolo , settantadue teste di illustri personaggi dell’antichità; sopra, scene del nuovo e dell’antico testamento: poi teste di d’angeli, quattro magnifiche finestre e nicchie con numerosa statue; ai lati della porta principale , miracolo d’armonios classicismo (nella cui lnetta è rappresentata la Vergine in trono fra certosini), si vedono quattro altorilievi del Briosco, belli per finezza tecnica e dolcezza d’espressione: a destra, Alessandro III che porge ai certosini le apostoliche costituzioni e Gian Galeazzo che depone la prima pietra per la Certosa; a sinistra la consacrazione della Certosa (3 maggio 1497) e la traslazione di Gian Galeazzo dalla basilica di S. Pietro in Ciel D’Oro alla Certosa nel 1474. Le medaglie ovali di destra rappresentano i fatti di sant’Ambrogio e Giovanni Battista; le medaglie ovali di sinistra, i fatti della Vergine e quelli di san Siro.
Osservando la facciata della Certosa, si ha la visione intera, Indimenticabile della scultura lombarda del Quattrocento. La linea architettonica è sopraffatta dalla decorazione: mancanza di fren dell’arte, barocchismo in pieno Quattrocento, che costituisce l’inferiorità della scultura lombarda di fronte alla toscana: ma (ha ragione il Malaguzzi) “se tutte le scuole vantassero gli stessi pregi, mancherebbe al patrimonio artistico nazionale una delle sue maggiori attrattivem la varietà”.
Nel fianco del tempio e nell’abside, dovuti a Guinforte Solari (1453 – 1470) che seppe assai bene accordarli con la struttura interna del tempio , predomina la terracotta e il motivo dei loggiati ricorrenti sotto le cornici. Elegantissime le diciotto guglie in corrispondenza della testata del coro e dei bracci di croce. I pinnacoli che coronano i contrafforti dei fianchi sono opera di Galeazzo Alessi (1560).
Entrando nella chiesa, l’occhio, affaticato dalla visione delle troppe sculture e dei particolare decorativi della facciata, si riposa contemplando la solenne maestà delle linee, posandosi sulla volta azzurra cosparsa di stelle d’oro, meraviglioso cielo dell’arte!
L’interno opera di Giuniforte Solari (1453 – 1470) è a croce latina e a tre navi, delle quali la maggiore ha la volta cordonata, gli archi acuti, i pilastri a fascio, proprio dell’ architettura gotica , mentre il transetto e il coro, terminati con tre absidi in emiciclo, sono in stile del Rinascimento, come pure la cupola ottagona, che sovrasta al centro del tempio. Il pavimento di mosaico, originariamente dovuto a Rinaldo de Staturis (1450), fu rifatto nel 1850. La decorazione delle volte è di Ambrogio e Bernardino Bergognone (1490); le pitture della cupola, di Alessandro Casolani (m 1606) e P.Sorri (m 1622). Le cancellate di bronzo e ferro delle navate e delle cappelle sono opera di Francesco Villa, P. P. Ripa e Ambrogio Scagno (1660). Le pitture sulla parete interna del muro di facciata furono eseguite da Giuseppe Procaccino, le statue barocche fra le arcate de le cappelle, da Dionigi Bussola, Francesco Bosso, Carlo Simonetta, Giuseppe Rusnati, Siro Zanella (c. 1680).
Visitiamo la cappella di sinistra.
Prima Cappella (Santa Maria Maddalena) - il quadro dell’altare (la Maddalena) fu dipinto nel 1757 dall’ abate Giuseppe Peroni; il pallio a intarsio marmoreo è l’ultimo lavoro fatto per la Certosa dalla famiglia Sacchi, che per secoli operò a Villanova presso la certosa. Di fianco all’altare c’è un fine lavabo scolpito dai Mantegazza (1470). Alle pareti , affreschi (storie della Maddalena) di Francesco Panfilo cremonese, detto il Nuvolone. Nella volta, quattro medaglie mal dipinte. Con figure certosine, opera di Jacopo de Motis (1478).
Seconda Cappella (San Michele Arcangelo) - Il quadro dell’altare , diviso in sei scomparti , è del Perugino, ma l’originale è la sola parte superiore mediana, rappresentante il Padre Eterno, i quattro Dottori sono del Bergognone. Copie del 1586 sostituiscono i tre scomparti emigrati a Londra (galleria nazionale) nel 1856.
Questo polittico è uno dei capolavori del Perugino nel miglior periodo, per il fiorentino, della sua attività. Il bassorilievo (caduta degli angeli ribelli, creazione di Adamo ed Eva, sacrifizio di Abramo e visione di Giacobbe), del pallio dell’altare è di Tomaso Orsolino; gli affreschi delle pareti (Abramo offre ospitalità a tra angeli, Agar errante nel deserto), di Francesco Panfilo, detto il Nuvolone (1648). La volta ha la decorazione originaria.
Terza Cappella (San Giovanni Battista) - La pala dell’ altare (certosini genuflessi dinnanzi a san Giovanni Battista) è di G B Carlone. Nella volta, quattro medaglie, mal ridipinte, con figure di certosini, opera di Jacopo de Motis.
Quarta Cappella (Santa Caterina) - La pala dell’altare (l’ adorazione dei Magi) è del cremonese P M Neri (1641); il bassorilievo del pallio (la strage degli innocenti), di Dionigi Bussola (1667). Su le pareti, angelo che comanda a san Giuseppe di fuggire in Egitto e i Magi che parlano con Erode, di Ercole Procaccino (1652). Sopra le portine di comunicazione con le cappelle adiacenti, una Madonna e san Paolo eremita, da attribuire al Bergognone. La volta ha la decorazione originaria.
Quinta Cappella (santa Caterina) - La pala dell’ altare (Vergine, santa Caterina di Alessandria e santa Caterina da Siena) è di Francesco del Cairo, allievo del Morazzone. La volta, già decorata da Jacopo de Motis, fu ridipinta nel Seicento. Una parte della vetrata dipinta (santa Caterina vergine e martire) è l’originaria del secolo XV. Ai lati dell’altare due sculture di G. Rusnati pallio a mosaico è opera dei Sacchi (1640). Gli affreschi (flagellazione di Santa Caterina, liberazione di santa aterina dal demonio) sono G B Carlone.
Sesta Cappella (Sant’ Ambrogio) - La pala dell’altare (sant’Ambrogio in trono, fra san Satiro e san Gervaso, san Marcellino e san Protaso) è opera insigne del Bergognone (1490). Il pallio dell’altare (sant Ambrogio a cavallo alla battaglia di Parabiago) è del Rusnati (1695). Una parte della vetrata dipinta (sant’Agostino) è da ascrivere a Jacopo de Motis. Gli affreschi (storie di sant’Ambrogio) sono di Carlo Cane (m. 1688).
Sesta Cappella (Beata Vergine del Rosario) - La pala dell’altare (la Vergine che dà il Rosario a san Domenico) è del Morazzone (1617); il pallio (l’adorazione dei Magi), detto Volpino (1675).
Nel braccio sinistro del transetto, si vedono le statue giacenti di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este (m. 1497), capolavoro di Cristoforo Solari, detto il Gobbo. Il quadro dell’altare (detto delle sante reliquie), rappresentante il Redentore, è di Daniele Crespi (m. 1628). Dietro il quadro è la grata di bronzo, opera di Gerolamo Castelli (1629), che custodiva le reliquie. Il pallio a intarsio marmoreo è opera di Valerio Sacchi (1618-1628). I candelabri di bronzo che fronteggiano l’altare hanno decorazioni del Borgognone (ma i due angioli sostenenti festoni sono stati attribuiti, con poca fortuna, a Bramante); nella volta è dipinta l’incoronazione della Vergine con le figure in ginocchio di Francesco Sforza e Ludovico il Moro. Antiche sono la vetrata dell’abside di destra (san Girolamo) e quella di sinistra (la Natività).
Per una porta, nella cui lunetta l’Amadeo scolpì le tentazioni di sant’Antonio, e sul cui timpano e fregio Alberto da Carrara (1490) e B. Briosco (1497) scolpirono sette medaglie coi ritratti dei duchi di Milano da Gian Galeazzo a Ludovico il Moro, si entra nella sacrestia vecchia, dove son da osservare i capitelli pensili che reggono la cordonatura della volta, che serba la sua decorazione originaria, il pavimento originario di laterizio e il famoso trittico, adorno di ben 66 bassorilievi e 94 statuine, e rappresentante nei quadretti della parte centrale la storia dei re Magi, in quelli di destra le storie del Redentore, in quelle di destra le storie della Vergine, è l’unico oggetto della Certosa che ci riporti al tempo del suo fondatore. E’ creduto opera del fiorentino Baldassarre degli Embriachi, il più valente scultoreo e decorativo. Anche in architettura, ce lo fa ritenere opera fiorentina. Uscendo dalla sacrestia, ci troviamo nel centro della croce, sotto il tiburio, il più bel punto per ammirare l’architettura interna della chiesa.
Nel coro ci sbalordisce la ricchezza più che non ci alletti la bellezza. La chiusura marmorea è opera di Martino Bassi e Galeazzo Alessi; le imposte di legno furono intagliate dal fiammingo Teodoro Fris e da Virgilio dei Conti ; Daniele Crespi nel 1630 – c’è in angolo di destra il nome e la data ornò le pareti con affreschi che sono dei migliori saggi di pittura decorativa del Seicento. I quarantadue stalli del coro furono eseguiti dal 1487 al 1498 da Bartolomeo dei Polli mantovano, e i dorsali furono intarsiati da Pietro da Vailate con figure di santi, forse disegnate dal Bergognone. La balaustra dell’altar maggiore è opera di Carlo Simonetta (1683); i candelieri e gli obelischi di bronzo, di Annibale Fontana. L’altare maggiore di marmo tempestato di pietre preziose si deve a parecchi artisti, principalmente ad Ambrogio Volpi dca Casale (1568). Il tempietto di questo altare è in stile bramantesco: Francesco Brambilla ne fece gli sportelli di bronzo , e Angelo Marini siciliano le tredici statuine di bronzo; il Volpino scolpì gli ancgeli fiancheggianti il pallio, nel cui centro è un bassorilievo circolare, una Pietà, di finissimo lavoro. La croce dell’altare e i candelabri sono di Annibale Fontana. Nelle pareti ai lati dell’altare stanno infissi dei finissimi bassorilievi (fasti della Vergine) di Stefano da Sesto, a sinistra, e di Biagio da Vairone, a destra. Sotto uno di questi bassorilievi, un riquadro con un’imitazione del Cenacolo di Leonardo. La vetrata dipinta della finestra absidale (Assunzione) fu eseguita forse su disegno del Bergognone.
La porta a destra del coro, adorna dei ritratti delle duchesse di Milano, dà accesso al Lavabo, dove son da vedere i capitelli pensili, la volta, che serba la decorazione originaria, una Vergine di B. Luino, l’elegantissimo pozzo con medaglioni di marmo nero, eseguito nel 1478 dall’Amadeo, la vetrata dipinta (san Bernardo col demonio), segnata opus Christofori de Motis 1477, e una ricca fontana eseguita nel 1490. Questo lavabo è assegnato da tutte le guide ad Alberto Maffioli da Carrara, ma al Maffioli il Malaguzzi attribuisce la sola parte architettonica, mentre nella lunetta, rappresentante la lavanda dei piedi agli apostoli e altre storie di Cristo, gli par di vedere lopera dell’Amedeo o del Mantegazza.
Nel braccio del transetto sorge il mausoleo di Gian Galeazzo Visconti, al quale da 1494 al 1497 attesero Gian Cristoforo Romano, autore dell’edicola e dei sei bassorilievi che la adorna, rappresentanti i più notevoli fatti della vita di Gian Galeazzo, e B.Briosco, autore della Vergine col Bambino. L’urna, a dir vero, un po' pesante, sulla quale riposa la statua giacente di Gian Galeazzo, fu eseguita nel 1562 da Bernardino da Novate. La finestra che sta dietro il mausoleo conserva la vetrata di Cristoforo de Motis (1479), rappresentante san Gregorio Magno. Il quadro del prossimo altare (san Brunone e san Carlo Borromeo dinanzi al trono della Vergine) è di G B Crespi detto il Cerano; il pallio (san Brunone genuflesso dinanzi al Crocifisso) è di Tomaso Orsolino (1635); i candelieri di bronzo sono di A. Fontata. La parte superiore della parete e la volta sopra l’altare hanno decorazioni del Borgognone (ma i due angeli sostenuti festoni sono stati attribuiti, come gli altri due già menzionati, a Bramante). Nella volta dell’abside il Borgognone dipinse Gian Galeazzo genuflusso con i figli, in atto di presentare alla Vergine il modello della Certosa.
A destra dell’altare di san Brunone si entra nella sacrestia nuova, alle cui pareti sono addossati gli armadi intagliati da Virgilio de Conti e Giovanni Favorino nel 1615. La volta fu dipinta nel 1600 da P. Sorri.L’ancona dell’altare (Assunzione della Vergine) è una delle ultime opere (1515) di Andrea Solari, completata e restaurata nel 1576 da Bern. Campi. La scultura del pallio (la nascita della Vergine) è di G Rusnati (1696). In mezzo all’architetto pavese Alessandro Campari, eseguito dall’intagliatore pavese Luigi Moretti, contenente i tredici corali antifonari, miniati da 1562 al 1580 da Eustachio Confalonieri pavese, Percivale Negro da Milano, Evangelista Della Croce da Milano, Benedetto da Corteregia , valloambrosano di S. Lanfranco a Pavia. Del Della Croce si veda specialmente la danza di putti delle tre stirpi umane dinanzi al Bambino, che par preannunzi l’Albano. I corali sono aperti alle pagine illustrative delle seguenti feste: di fronte a chi entra , la Resurrezione, indi, girando a destra , successivamente: la Dedicazione della chiesa (Sogno di Giacobbe), la Trinità con la data 1562, S.Stefano (martirio), Prima domenica di Avvento (la più bella pagina ; si noti il medaglione con G. Galeazzo e Gian Galeazzo sotto le spoglie di Davide pregante), Ascensione, una Vergine Martire, Assunzione. Sulla porta , una lunetta di un Mantegazza (la Pietà).
A sinistra della sacrestia nuova, si trova il chiostrino del Capitolo (1490), attribuito al Bramante.
Per una porta forse scolpita dai Mantegazza (altra Pietà), si accede al piccolo chiostro della Fontana, recinto di cinquanta arcate poggianti su colonnette di marmo e con gli archivolti e le cornici decorate in terracotta dal cremonese Rinaldo de Stauris (1466), con la partecipazione dell’ Amadeo. Queste e le altre terracotte della Certosa sono, a giudizio del Meyer, “la più splendida produzione di questo genere d’arte tutta propria della Lombardia “. La ricchissima porta , con la Vergine in trono con la navata trasversale, è opera datata e firmata dell’Amadeo (1466). Notevole anche il lavabo dei monaci, tutto di terracotta, adorno di bassorilievi, tra i quali L’ Annunciazione e il Cristo che conserva con la Samaritana.
Entriamo nel refettorio, in una parete del quale Ottavio Semini genovese dipinse il Cenacolo (1567), e nel centro della cui volta si vede una Vergine allattante del Bergognone.
Dal refettorio si accede al Palazzo Ducale, nelle cui sale è stato da pochi mesi ordinato il Museo della Certosa. A pianterreno è una ricca raccolta di riproduzioni fotografiche e di copie in gesso e in terracotta di sculture del tempio. Delle sei sale del piano superiore, la prima contine, fra l’altro, alcuni disegni dei secoli XVI e XVII, che ci offrono i promi studi del Palazzo Ducale e i progetti per finimento in stile barocco della facciata del tempio; frammenti di ceramica, ritratti dei Visconti e degli Sforza , e in una cassetta di cristallo gli oggetti tolti nel 1889 dell’urna sepolcrale di Gian Galeazzo : una spada senza impugnatura, il pugnale, gli sproni, alcuni frammenti di sculture già esistenti alla Certosa, delle quali tre ascritte ai Mantegazza, la flagellazione di Cristo, Gesù sotto la croce, Gesù nell’orto, e altre ascritte all’Amodeo. Nella terza sala , altre sculture: capitelli, stemmi, fregi, due putti reggenti gli stemmi visconteo e sforzesco; altre sculture ascritte all’Amadeo (san Giovanni Battista che predica, battesimo di san Giovanni Battista, decapitazione di san Giovanni Battista); altre del Rusnati, secentista imitatore dell’Amadeo (Annunciazione, Visitazione, Presepio, fuga in Egitto), un bassorilievo del Bambaja, cioè una scena della Passione, avanzo del monumento Birago, già presente nella demolita chiesa di S. Francesco a Milano.La sala quarta è cappella, che ha sull’altare un quadro d’un seguace del Luino. Nella sala quinta, tra parecchi quadri poco importanti, due frammenti d’ancona del Bergognone, angeli preganti. Nell’ultima sala, tra gli altri quadri, la pala dipinta nel 1490 da Bartolomeo Montagna, la Vergine col Bambino tra san Giovanni Battista e san Girolamo, e frammenti d’anconè del Luino (sant’Ambrogio, san Martino) e del Bergognone (san Paolo, san Pietro, sant’ Agostino); e alcuni frammenti di terrecotte del chiosto grande.
Ritornati nel piccolo chiostro, passiamo da questo al grande chiostro, recinto da centovetrine arcate, poggianti su colonne alternate di marmo bianco e rosso e con gli archivolti e le cornici decorate in terracotta da predetto De Stauris (1478), con la partecipazione dei Mantegazza. I porticati conducono alle ventiquattro abitazioni dei certosini (ognuna delle quali ha un piccolo giardino), notevole saggio di architettura domestica del secolo XV. Alcune di queste celle serbano affreschi del Quattrocento, tra i quali è degno di nota quello della cella 8:la Nascita di Gesù, con la Vergine , San Giuseppe e un certosino, opera di Ambrogio Bevilacqua. Nell’angolo sud-est del chiostro grande s’apre il portico dei Novizii, costruito nel 1568 da Ambrogio Volpi. Lì vicino sorge un tempietto , sulla cui porta d’accesso fu dipinto (da Mauro della Rovere) sanBrunone sollevato al cielo dagli angioli.
Dal grande chiostro, per una porta decorata dai Mantegazza e dall’Amadeo, si accede all’ortaglia, che si distende intorno al monastero con un pergolato a colonne, che conduce alla peschiera.
E ora entriamo nel tempio per visitare le cappelle di destra.
Prima Cappella (Annunciazione) - La pala (L’Annunciata) è di Camillo Procaccino (1616), il Pallio (La nascita del Redentore), di D. Bussola (1675). Sulla porticina che conduce alla porta trasversale , una santa Caterina da Siena del Bergognone. Alle pareti, affreschi (storie della Vergine) di Stefano Danedi, detto il Montalto.
Seconda Cappella (San Pietro e San Paolo) - La pala (la Vergine con San Pietro e san Paolo) è del Guercino (1641); il pallio, il più bello dei pallii intarsiati della Certosa, costò diciassette anni di lavoro a Valerio Sacchi. Affreschi del Montalto (storie di san Pietro).
Terza Cappella (San Siro) - La nobilissima pala (san Siro tra san Teodoro, sant’ Invenzio, san Lorenzo e santo Stefano ) fu dipinta nel 1491 dal Bergognone . La volta è l’unica che conservi quasi intatta la decorazione originaria, con le figure di quattro patriarchi, di Jacopo de Moris (1491). La vetrata dipinta (san Michele Arcangelo) è segnata Antonio de Pandino ne fecit, il quale Pandino nella prima metà del secolo XV aveva dipinto alcune vetrate del duomo di Milano. Alle pareti , affreschi (storie di san Siro) del milanese A. Busca, scolaro del Nuvolone.
Quarta Cappella (del Crocifisso) - La pala (Gesù crocifisso tra le pie donne) è uno dei capolavori della prima maniera del Bergognone (1490). Il Pallio (sepoltura di Cristo) fu scolpito dal Volpino nel 1677. Affreschi di Federico Bianchi.
Quinta Cappella (San Benedetto) - La pala dell’altare (san Benedetto che contempla l’anima di santa Scolastica che assurge al cielo) è di Carlo Cornara (1688). Alle pareti , affreschi di G. Ghisolfi (1670).
Sesta Cappella (Sant’Ugone) - La pala è un capolavoro di Macrino d’Alba (1496); è a sei scomparti; nei tre inferiori la Vergine in trono con Bambino, ai lati sant’Ugone e sant’Anselmo; nello scomparto superiore Cristo Risorto, pittura scorretta, che non sembra del maestro: gli Evangelisti delle due tavole laterali sono del Bergognone. I bassorilievi del pallio (storie di sant’ Ugone) sono di G.B. Maestri, detto volpino. Alle pareti, affreschi di C. Carlone.
Settima Cappella (Santa Veronica) - La pala (santa Veronica) è di Camillo Procaccino (1605); il pallio dei Sacchi; gli affreschi di Andrea Lanzani (m. 1712). Di fianco al sacrario , un piccolo lavabo scolpito nel secolo XV.
Sulla porticina che mette in comunicazione le cappelle di sinistra con la navata trasversale, un Ecce homo del Bergognone, col caratteristico fondo azzurro e teste d’angeli.
Fonte: Pavia e i suoi monumenti