Duomo
Il Duomo di Pavia: Tesoro Rinascimentale nel Cuore della Lombardia
Ai piedi della torre della città ( purtroppo rovinosamente crollata), fra la torre e la cattedrale, fu costruita la casetta del campanaro, per ordinare e allogare alcuni cimeli della vetusta basilica di S. Stefano. Le due basiliche , antichissime, ma i cui resti palesano una ricostruzione del secolo XII, sorgevano l’una di fianco all’altra, e si trovavano in diretta comunicazione tra loro: la prima, più vasta, a cinque navi, era la basilica estiva; l’altra, a tre navi, la basilica jemale. Verso la fine del secolo XV, sull’area di queste basiliche minacciate da prossima rovina, fu incominciata la costruzione della nuova cattedrale , dedicata a santo Stefano, vescovo di Pavia (al quale il Comune avea scritto l’anno prima che voleva che la nuova fabbrica gareggiasse con la basilica di S Sofia), de pose solennemente la prima pietra il 29 giugno 1488.
I vecchi storici pavesi ci fanno sapere che il disegno fu dato dall’architetto pavese Cristoforo Rocchi, discepolo di Bramante, in unione con GA Amadeo; ma i documenti trovati dal Majocchi rendono molto più complicata e interessante la storia di questa costruzione. Già il Meyer intravide in essa l’intervento di Bramante infatti modificò (1488) il disegno del Rocchi. Nel 1490 Leonardo, accompagnato dall’Amadeo, venne a visitare i lavori della cattedrale. Cristoforo Rocchi fu soprastante ai lavori fino al 1497, anno della sua morte. Avrebbe dovuto succedergli l'Amedeo; ma era occupato a Milano, e i fabbricieri gli diedero per aiuti il Dolcebuono e Pietro Fugazza. Il Rocchi aveva abbandonato il suo modello, reso inutile dalle modificazioni della fabbrica. Il Fugazza rifece il modello di legno e diresse i lavori. Così fu compiuto l’interno del tempio.
Ora, è difficile dire chi sia l’architetto principale del Duomo. Ogni storico ci vede l’opera predominante del suo artista prediletto. Il Geymuller scrive alcune parti al Bramante, specialmente la cripta. Al Meyer pare spetti a Leonardo l’idea del corpo centrale svolto dal quadrato ottangolare (ma non è questa l’idea Bramantesca?) e l’armoniosa distribuzione dello spazio.
La leggiadra loggia che corre all’interno intorno a tutto l’edifizio, come nella fronte della Certosa , fanno dal Malaguzzi, il grandioso tiburio poligonale, che si può credere ispirato da quello della Certosa, fanno del Malaguzzi ascrivere il Duomo per la massima parte all’Amedeo.
Certo che questo maestoso tempio, che al Muntz parve un capolavoro, e al Meyer uno dei più importanti del rinascimento lombardo, sarebbe divenuto, come osserva il Burckhardt, il S. Pietro in Lombardia,se fosse stato finito. L’interno , a croce greca, con file d’altari entro nicchie, è pieno di solennità. Le proporzioni gigantesche vietano ogni piccolo ornamento. L’espressione delle forme è puramente architettonica; così grandiose sono le proporzioni che la galleria fa soltanto da fascia ornamentale. I principali piloni poligonali sono i più poderosi della Lombardia. La cripta , che ha la volta bassissima ad archi sorretti da costoloni e poggianti su robusti pilo, non è meno grandiosa.
All’esterno si seguitò a lavorare per più di tre secoli, fino ai giorni nostri: verificandosi anche qui il detto di Victor Hugo, che i grandi edifici, come le montagne, sono opera dei secoli. Nel 1810 il marchese Malaspina studiò con l’architetto Amati un disegno di compiuta riforma. Nel 1884-1885 l’architetto milanese Carlo Maciacchini, in conformità del modello primitivo, voltò la superba cupola, che vien terza in Italia. Per le sue dimensioni, dopo quelle di San Pietro e S. Maria del Fiore; e finalmente nel 1895 fu costruita la facciata in semplice muro rustico con le loggette e i cornicioni di marmo.
Nel 1898 gli intagliatori pavesi Luigi e Romolo Bianchi scolpirono i bassorilievi delle imposte della porta maggiore. L’organo è dei Lingiardi.
E ora ammiriamole principali opere di scultura e di pittura che adornano il tempio. Il pulpito, ricco di bassorilievi rappresentanti vari fatti della vita di san Siro, è opera dell’ intagliatore pavese Siro Zanella (1672). Il coro, con la magnifica gloria d’angeli, fu finito nel 1614. Bella fra tutte la cappella di San Siro. Qui si ammirano due quadri molto importanti: la Madonna del Rosario con alcuni santi e, intorno, i quindici Misteri, capolavoro del pavese Bernardino Gatti, detto il Sojaro, che fu dei buoni imitatori di Giampietrino. Rappresenta quest’ultima, eseguita nel 1521, La Madonna in trono, riccamente ornato di bassorilievi, tra San Giovanni e sa Girolamo inginocchiato, con ricco fondo di paese e di classiche rovine. A Giampietrino, che dovette ispirarsi a un quadro di Cesare da Sesto, fu attribuita dal Morelli. In questa cappella si ammira il bell’altare di marmo diafano dedicato a san Siro, primo vescovo di Pavia: opera del genovese Tomaso Orsolino (1653), che ha saputo rappresentare, con mirabile seppur manierata finezza, i misteri, le gesta e i miracoli del santo.
La cappella a destra dell'altare maggiore ha sull’altare un quadro di Federico Ferrari milanese, il beato Alessandro Sauli, e ai lati di questo due pitture del pavese Francesco Barbieri relative alla vita del beato. Nella terza cappella di sinistra si vede la Madonna Immacolata di F. Faruffini (1854). Seguono immediatamente l’uno di fronte all’altro, due grandi quadri di due versatili e potenti ingegni del Seicento:L’adorazione dei Magi di G B Crespi detto il Cerano. Nella seconda cappella di destra e di sinistra , due quadri del Volonterio: il sacro Cuore e sant’Agnese.
Fonte: Pavia e i suoi monumenti