UN RINOCERONTE DAVANTI AL SAN MATTEO
Corrono liberi bisonti della periferica viale Cremona a San Lanfranco
L’abbondanza di acque correnti e sorgenti, alternate a zone paludose, favorisce nel corso del tempo l formazione di diversi ambienti che danno vita a una fauna ricca. I primi abitanti di vicolo San Gregorio, o di piazza del Lino ancora avvolte da una maestosa vegetazione dove gli insediamenti umani sono l’eccezione, non la regola.Anche in questo caso, bisogna distinguere le varie ere che si susseguono e i conseguenti cambiamenti della flora a vui Pavia si adegua, come del resto tutta Val Padana: dai cespugli di erbe e arbusti, con clima freddo, del periodo Glaciale, si passa a quello dei boschi di querce, olmi e tigli di quello Boreale, grazie al caldo asciutto.
Corrono liberi bisonti della periferica viale Cremona a San Lanfranco, legati alla tundra e alle grandi praterie del Preboreale, i grossi ungulati protetti dal pelo folto e dalla mole massiccia, come bisonti, buoi muschiati, mammut,renne.
Armati di rudimentali strumenti di caccia, i primi uomi che si insediano a Pavia, si aggirano in cerca di prede. Gli alberi e le pietre, di cui è ricco il territorio forniscono materiale per realizzare rudimentali oggetti taglienti , capaci di uccidere un animale di grandi dimendioni.
Ma la vita è tutt’altro che facile. Non è raro incontrare, dove oggi sorge il San Matteo, un solitario rinoceronte. L’enorme animale si mimetizza nella fitta vegetazione, o si rinfresca nei numerosi corsi d’acqua di cui Pavia preistorica è ricca. I primi abitanti dei villaggi si muovono in gruppo, cacciano insieme. Presto capiscono che è l’unica strategia per avere la meglio su bestie spesso feroci e di grandi dimensioni contro le quali la lotta individuale sarebbe impari.
Questi grossi mammiferi saranno i primi a essere respinti, dall’avanzare delle foreste, verso i territori nord-orientali cisalpini e dell’Europa centrale con appena a temperatura si innalzerà, arrivando al clima asciutto del periodo fra il Mesolitico e il Neolitico.
Del resto il continui cambio di clima dell’era Preistorica favorisce il mutamento anche della flora e della fauna.
Gli ambienti forestali di latifoglie di cui almeno in una certa parte della sua storia fu sicuramente ricoperta Pavia, resi comunque ricchi di acque non solo grazie alla presenza del Ticino, sono particolarmente adatti ai cerci. Secondo Federica Agosti (“Mammiferi quaternari dal monte Paitone”) a valle non sarebbero mancati neppure gli orsi, che scendono in pianura alla ricerca di cibo.
Ma nell’intrico del sottobosco che caratterizza Pavia preistorica, non mancano certamente cinghiali, scoiattoli e altri animali più piccoli, grazie anche alla presenza delle ghiande. E ancora, lepri, tassi, conigli selvatici, tutt’ora avvistabili nelle campagne. Ma se, ancora una volta, sono pochissime le tracce certe di reinvenimenti dentro e fuori le mura, è un pavese a dare un contributo fondamentale alla paleontologia, quella branca delle scienze naturali che studia gli essere viventi vissuti soprattutto nelle epoche più remote: Torquato Taramelli.
Originario di Bergamo, Taramelli compie i suoi studi universitari a Pavia, come alunno del gollegio Ghislieri. Dopo la laurea in Scienza Naturali conseguita a Milano, diventa assistente di Antonio Stoppani al Politecnico di Milano. Diventa dapprima professore presso l’università di Genova, poi, nel 1875, all’università di Pavia, dove assume la cattedra di geologia e paleontologia. Ricopre la carica di rettore all’ateneo tra il 1888 e il 1891. Fonda l’Istituto geologico italiano, e presiede la Società sismologica Italiana.
Oggi il liceo scientifico più prestigioso di Pavia porta il suo nome.