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TICINUM CAPITALE : LA ZECCA DI AURELIANO

Nel centro storico, esiste un tratto che collega l’attuale piazza della Vittoria con Strada Nuova: è via Zecca il nome non è casuale.

Proprio qui nel 274 d. C., l’imperatore Aureliano decide di  battere la moneta dell’Impero.

Come sempre, non esistono, secondo le fonti, tracce archeologiche di questo importante momento storico per la città.

Bisogna fare un passo indietro e andare a 500 chilometri di distanza. A Roma, precisamente. Da Augusto in poi, per circa due secoli, la coniazione della moneta fu assicurata quasi esclusivamente dalla zecca dell’Urbe. Fu sotto Settimio Severo, con le prime avvisaglie di crisi, attorno al 194 d.C., ad affacciarsi la necessità di battere moneta anche nelle province dell’impero, travagliato da guerre esterne e civili, con la necessità di pagare i soldati il prima possibile.

aureliano.pngCon il regno di Aureliano (270-275 d.C.) uno di questi centri dove si batte la moneta viene creato a Mediolanum.

Lo storico inglese Michael H. Crawford ritiene così affascinante l’ipotesi da scrivere un libro che si intitola proprio “La zecca di Ticinum”. Rimangono oscure le ragioni per cui, dopo la riforma monetaria,Aureliano decide di trasferire la zecca a Ticinum, scrive Crawford. Ma lo fa.

Il periodo aureo delle monete “made in Ticinum” è fra il 274 e il 285. Vengono coniate per quasi un cinquantennio in un edificio di questa piccola strada nel cuore della città, con continuità: monete di rame e saltuariamente d’oro e d’argento , ma i quantitativi limitati.

Secondo Mino Milani, i Ticinesi riconoscenti gli dedicarono la statua “del muto dall'acciaio al collo”, oggi visibile ai Musei Civici.

Val la pena spendere due parole a proposito di quest’opera da cui prende anche nome una strada. Passeggiando per corso Cavour, si incontra la via con questo nome bizzarro. E’ intitolata a  una statua celebrativa del I secolo d.C. raffigurante un uomo avvolto in una toga, di cui un lembo forma un panneggio sul petto simile a una matassa (accia). La statua fu fatta inserire da Teodorico all’interno di Porta Marica, l’ingresso occidentale della città. Secondo la leggenda, un giovane pescatore aveva ereditato dal padre una rete fatata che pietrificava tutto ciò che toccava. Il giovane,per non svelare la magia, usciva di notte  e dalla barca gettava la rete in Ticino, pietrificando così tutti i pesci che la rete toccava. Una volta colma tornava a riva dove, tolti i pesci dalla riva, si rianimavano. La gente ogni giorno accorreva per vedere l’enorme quantità di pesce pescato e , fra la folla, capitò anche la figlia di un centurione romano. Il giovane pescatore e la ragazza presto si innamorano, purtroppo, contro il volere della matrigna di lei. I giovani cominciarono così a vedersi di nascosto ma la matrigna, sospettosa, un bel giorno, seguì di nascosto la fanciulla. Trovò così i due giovani proprio sulla sponda del Ticino e ,avvicinata, si fece riconoscere. Con una rapida mossa il giovane pescatore lanciò sulla donna la rete magica e di colpo il suo corpo si trasformò in statua, cadendo rovinosamente a terra e rotolando verso l’acqua, attorcigliandosi la rete attorno al collo. I due giovani fuggirono in barca illuminati dalla luna. La leggenda narra sia stato il padre del giovane a trasportare la statua nel centro del fiume, cancellando le sembianze affinchè, anche se trovata, non potesse svelare la propria identità. Temo dopo la statua fu ripescata. Trovata con ancora la rete arrotolata al collo la chiamarono il Muto Dell’accia al collo.

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Ma si torni ora alla zecca. In città il conio rimane fino  al 327, quando l’imperatore Costantino trasferisce il personale a Costantinopoli, lasciando attiva solo la zecca di Aquileia. Ma non è la fine della zecca di Ticinum. La sua riapertura è da considerarsi certa durante la guerra greo-gotica e precisamente negli anni dal 539 al 553.

L’avvento dei Longobardi in Italia nel 568 e l’insediamento della capitale a Ticinum nel 572 a opera di Alboino, risolleva le sorti dell’antica colonia romana. E’ così che viene aperta una nuova zecca reale, quella del regno Longobardo. Le monete coniate sono di tipo bizantino con al rovescio la Vittoria alata. Sono anonime o coniate col nome dell’imperatore d’oriente.

Con Ariperto I ha inizio la monetizzazione con il nome del re longobardo; con Cuniperto nel rovescio della moneta San Michele prende il posto della Vittoria.

Solo con Desiderio compare il nome della città: Flavia Ticino. Con Carlo Magno e la caduta del regno longobardo nel 774 si passa, gradualmente, dal sistema monetario basato sull’oro a quello carolingio in argento. E’ da questo  momento che sulle monete compare il nome della città:Papia, da cui, secondo tradizione, deriva il nome odierno della città.