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Quando nei sotterranei del castello si costruì il primo cannone d’Italia

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Il castello Visconteo, dal 1360 in poi (anno in cui venne edificato da Galeazzo Visconti), coincide con la storia di Pavia.

Da qui passano artisti come Leonardo, re, regine, condottieri e poeti. Ancora oggi svetta maestoso e solido, nell’attuale zona nord della città tra viale XI Febbraio, viale Argonne e piazza Castello.

Proprio qui, nel 1317, Luchino Visconti, fratello di Matteo, viene a risiedere assumendo la potestà di Pavia, Vigevano, e Voghera e tenendola per tre anni. Sceglie, dunque, questa vasta area vicino alle mura, allora quasi alla periferia della città.

Ma è Galeazzo, una cinquantina d’anni più tardi , a far progettare e realizzare il grandioso edificio così come lo vediamo oggi, proprio nei pressi del monastero di San Pietro in Ciel D'oro. Non si tratta, nelle intenzioni, di costruire una vera e propria fortezza militare. L’ambizione, invece, è quella di far sorgere una grandiosa residenza, con un parco da caccia che si estenda per decine e decine di chilometri quadrati, dove poter ricevere i potenti D’Europa. L’ordine del duca di Milano è chiaro: il maniero deve essere pronto in cinque anni, non di più. Non sono tempi proprio tranquilli questi. I primi sessant’anni del’300 , infatti, sono pieni di guerre e guerricciole che sempre impegnano i signori della Lombardia e non solo. E in aggiunta a queste , le cronache riportano una rovinosa invasione di cavallette , nel 1364. Le campagne sono devastate, i raccolti distrutti, la popolazione in ginocchio.

Ma non importa , la costruzione del castello va avanti lo stesso.

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E Galeazzo, nel 1365, ci va ad abitare. Ancora oggi il Castello Visconteo è un vero e proprio gioiello. Non solo il fondatore, ma anche i suoi eredi organizzeranno feste sfarzose e battute di caccia. Ma alle sue grandi e luminose stanze dei piani alti, fanno da contraltare le cupe e orride prigioni dei sotterranei, nelle quali si consumano torture e uccisioni dei nemici di Galeazzo prima, e Giangaleazzo (il figlio) poi.

Resta nei libri di storia infatti, la quaresima dei Visconti. Ideata dallo stesso Galeazzo, consiste in una tortura ripetuta e “calcolata” (nel senso di non far morire prima il prigioniero) per quaranta giorni di fila. La severità, chiamiamola così, del primo proprietario del castello è nota. In una circostanza il duca fa impiccare nelle segrete più di sessanta mercenari, solo perché sono troppo lenti a eseguire un incombenza affidatagli. Sopra, nelle lussuose stanze,la vita , e che vita, sotto, nelle prigioni, la morte.

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Il 3 maggio del 1424, quando a capo della dinastia c’è Filippo Maria Visconti, la città si veste a festa. Strada Nuova è un tripudio di colori, la gente si accalca lungo l’antico cardo romano su fino all’attuale viale XI Febbraio. C’è in visita papa Martino V. Naturalmente l’importante ospite non può non passare le sue giornate pavesi nel Castello Visconteo, già splendido di decorazioni, arredi raffinati, tesori di inestimabile valore, una ricchissima biblioteca che ancora oggi esiste.

Ma sotto? Cosa succede nei suoi sotterranei?

Ebbene ci sono solo prigionieri malconci in attesa del supplizio. Proprio qui, in un'ala a parte, l’ingegnere militare Filippino degli Organi studia e realizza varie macchine da guerra. Una zona dell’edificio viene adibita ad arsenale dove ogni giorno lavorano decine e decine di uomini, sotto la supervisione dello stesso Filippino.Si progetta, si prova, si fabbrica e si assembla come in una moderna fabbrica da cui escono pezzi di artiglieria che ben presto vengono richiesti in tutta Italia. Del resto le battaglie non mancano in questo periodo , e non solo nel Nord. Tutta la penisola è scossa da venti di guerra fra i vari signori che cercano di conquistarsi fette sempre maggiori di territorio. All’orizzonte si profila la costituzione di pochi Stati, ma sempre più saldi e ambiziosi: il Ducato di Savoia, le Repubbliche di Firenze e Venezia, lo Stato della Chiesa, il regno di Napoli. Tutti, oltre ad essere ciclicamente in conflitto tra loro, devono sempre poi fare i conti con re e imperatori stranieri che,come sempre, scendono in Italia per ribadire la loro sovranità sulla Penisola.

Filippo Maria Visconti, in questo panorama, prosegue la politica d’espansione di suo padre Giangaleazzo. Intanto , dai sotterranei del Castello Visconteo, escono i primi cannoni e grandi quantità di polvere da sparo, indispensabile per questi moderni tempi bellici.

Oggi, nell’ampio cortile all’interno del maniero, durante l’estate si organizzano concerti estivi e lungo il perimetro del porticato fanno bella mostra, capitelli, lapidi, iscrizioni soprattutto di epoca romana. Ma se si fa un salto indietro alla corte dei Visconti, si vedono uscire dai magazzini decine di bocche di fuoco o tormentum, come vengono ribattezzati in un primo momento i cannoni, detti anche vasi per la loro primitiva forma cilindrica. I primi pezzi sono in ferro battuto.

Gli armaioli pavesi perfezionano i cannoni costruendo in bronzo, Anche i proiettili in pietra vengono poco a poco sostituiti da palle di ferro, più potenti e più precise nella loro traiettoria. La laboriosità di Filippino degli Organi, e dei suoi successori in questo ruolo, procede di qualche secolo la fama dei maestri. Armaioli Italiani , conosciuti e apprezzati in tutto il mondo. Nei sotterranei del Castello si realizzano bocche di fuoco sempre più piccole e leggere: sono gli antenati dei moderni fucili.

Ma questo è anche  un periodo di fermento culturale. I Visconti, vecchi padroni della città, e gli Sforza, i nuovi signori, non badano a spese per avere a corte preziosi manoscritti e intellettuali dell’epoca. Uno dei vanti di Pavia, ancora oggi, è la biblioteca dei Musei civici, che ha sede per l’appunto nel Castello.

A dare impulso alla sala dove vengono raccolti i volumi, è l’altro grande signore di Milano (e quindi Pavia) qualche anno più tardi: Ludovico Maria Sforza, detto Il Moro. Sotto di lui il Castello viene ulteriormente abbellito e decorato per essere degno delle feste del bel mondo di allora al quale partecipavano re, ambasciatori, vescovi e nobili. In questo periodo la biblioteca viene arricchita e rimodernata. Oggi, come allora e come tutti i castelli, è ancora visibile il ponte (una volta levatoio, che tutte le sere veniva tirato su e riportato giù la mattina successiva.)

C’è un episodio di cronaca nera, legato al passaggio sul fossato. E’ il settembre 1372, quando Isabella di Valois, nuora di Galeazzo Sforza, muore nel dare alla luce un figlio. Il funerale dell’infante, morto sette mesi dopo, si celebra il 3 aprile del 1337.

 Il ponte levatoio, sul quale passa il corteo funebre composto da cavalieri milanesi, pavesi, nobildonne, ricchi eredi di casate, cede sotto il peso dei presenti.

 Oltre cento persone finiscono nelle acque, profonde per le piogge di quei giorni, e annegate senza poter essere soccorse. Nell’estate del 1398, le cronache ci riportano un altro racconto di morte che ha come teatro il Castello. Un fedele funzionario di corte, Pasqualino Cappello, oggetto di false accuse, subisce uno dei supplizi più crudeli che la storia della città ricordi: viene imprigionato in una gabbia di legno appesa ad una torre del palazzo, avvolto nella pelle sanguinolenta di un bue appena squarciato e poi murato vivo in una parete , dove morirà soffocato e stritolato. Si dice che ancora oggi il suo corpo si trovi nella parte dell’edificio dove venne giustiziato.