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LA TRAGEDIA DI BORGO CALVENZANO

La passeggiata nella storia continua uscendo del centro storico, in direzione del Naviglio

La passeggiata nella storia continua uscendo del centro storico, in direzione del Naviglio. Proprio di fronte c’è una lunga strada trafficata,viale Bligny, con un ampio porticato sul marciapiede, dove oggi ci sono trattorie tipiche, birrerie, pizzerie. Ma oltre un millennio e mezzo fa, in una torre che probabilmente sorgeva proprio qui, terminava la parabola del nobile intellettuale romano che nel 522 aveva accettato con entusiasmo di prestare i suoi servizi al re dei Goti.

Severino Boezio è colto, intelligente, ma forse poco avvezzo agli intrighi di corte.

 

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In poco tempo raggiunge l’incarico di magister officiorum, una delle massime responsabilità di governo del regno goto. La nomina non giunge inattesa. Ma i nobili barbari non lo vedono di buon occhio, e sin da subito dubitano della lealtà di questo nobile romano nei riguardi di Teodorico.

 

Ennodio, vescovo della città, scrittore latino soprattutto “ideologo” della potenza ostrogota, rema subito contro. Boezio è bersaglio di un epigramma velenoso, in cui viene accusato di scarsa capacità decisionale, e soprattutto di una certa rilassatezza di costumi.

 

Nel 523 cade in disgrazia e , sospettato di tradimento, viene imprigionato.

 

E’ ancora una volta Mino Milani a raccontare qualcosa in più sul luogo in cui Boezio viene tenuto prigioniero. Dopo polemiche e discussioni, è stato riconosciuto in quell’Agro Calvenzano a est dell’antica Ticinum, dove ancora oggi c’è Borgo Calvenzano. Laddove si crede che ci fosse una torre, crollata o demolita nel 1584. L’edificio, comunque, passa alla storia come “Torre di Boezio” o anche “Torre fraudolenta” proprio per ricordare l’intrigo di cui il pensatore latino è vittima.

 

Le accuse che gli sono rivolte sono infatti false. Il diritto, a cui Teodorico di regola si appella durante il suo regno nei casi di amministrazione della giustizia, in questo caso specifico non viene applicato. Al filosofo è negata addirittura la possibilità di difendersi.

 

Viene messo a morte , non si saprà mai se per un atto arbitrario, una congiura dai notabili di palazzo, o addirittura per rappresaglia dello stesso re.

 

Ma il comportamento di Teodorico non è del tutto inspiegabile. Durante la sua prigionia nella torre di quello che oggi è Borgo Calvenzano, Boezio scrive qualcosa che può aver irritato, se non addirittura fatto decidere per la sua morte, il re dei Goti. E’ il trattato “La consolazione della filosofia”, un libretto in cui appunto Boezio, nelle lunghe ore di solitudine e disperazione, sta lavorando. Non è nulla di compromettente, si tratta di considerazioni arricchite da componimento poetici che in nulla può suscitare lo sdegno del monarca. Anzi Boezio è ancora speranzoso di poter dimostrare la propria innocenza. Ma proprio durante la stesura del manoscritto viene a sapere che il Senato, di cui faceva parte, ha ratificato la sua condanna a morte.

Sdegnato, aggiunge allora al trattato alcune pagine di fuoco contro Teodorico.

 

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Pagine che trasformano quel trattatello filosofico nelle pagine di un vero e proprio pamphlet di rivolta dello spirito contro le barbarie. Ma questo segna anche la sua definitiva condanna, semmai Teodorico avesse voluto cambiare idea

 

Copie del libro escono dal carcere e circolano, seppure solo a Ticinum e finiscono infatti nelle mani del sovrano che ne decreta la morte. Il supplizio è atroce. Il boia gli stringe attorno alla fronte una fune che viene lentamente attorcigliata fino a quando gli occhi non gli schizzano fuori dalle orbite. Poi viene finito a percosse. Le urla del filoso e magister officiorum invadono Borgo Calvenzano.

 

Se ci si lascia spalle la tragica fine del consigliere caduto in disgrazia e si ritorna in centro si ritrovano altri tasselli della storia di Boezio che infatti, non finisce con la sua morte. Bisogna dirigersi in quella che ancora oggi è considerata una delle basiliche più belle e conosciute di Pavia:San Pietro in Ciel d’Oro.

 

I resti del filosofo riposano ancora oggi nella cripta della chiesa. E ancora oggi è ricordato come martire.

 

Un’ultima annotazione curiosa sul presonagggio. Si torna ai nostri giorni. E precisamente al 3 novembre del 1984. Papa Giovanni Paolo II. In visita a Pavia, ricorda la figura di San Severino Boezio, come quella di grande filosofo e martire del Medioevo Il pontefice, però, commette un errore: Boezio  non è mai stato santificato. Questo perché, come ricorda lo scrittore Mino Milani citando l’episodio, Boezio non viene incarcerato  e ucciso per motivi religiosi, ma esclusivamente politici.

 

Il regno goto durerà comunque ancora una trentina d’anni. Morto il sogno Teodorico, e con lui il progetto di rendere duraturo il regno dei Goti, si andrà avanti fra una guerra e l’altra fino al 551, quando l’imperatore Giustiniano decide di recuperare la centralità del suo dominio sottomettendo le popolazioni barbariche del nord.

 

Nel 552 l’ultimo re goto, Teia, viene sconfitto e ucciso durante uno scontro contro le truppe imperiali ai piedi del Vesuvio. I Goti riprendono, rassegnati, la via delle Alpi ed escono definitivamente dalla storia d’Italia e di Ticinum.

 

Ma altri barbari stanno prendendo il loro posto a Ticinum, dove lasceranno tracce indelebili: I Longobardi.