La preistoria dentro le mura
È ancora Mino Milani, lo storico pavese per eccellenza dei nostri giorni, a fornire un piccolo indizio, nella sua “Storia avventurosa di Pavia”. Milani cita a sua volta un altro storico pavese per eccellenza: Opicino de’ Canistris, vissuto nel XII secolo e fra i primi a scrivere una storia completa della città intitolata “Libro delle lodi della città di Pavia”.
I due storici rincorrono le origini della Città e le trovano in una leggenda affascinante.
Si racconta, infatti, che il fondatore di Pavia sia stato Jafer, uno dei figli di Noè. Altri sostengono che abbia origini divine: creata da Pico, figlio del Dio Saturno.E’ una leggenda, appunto, che conferisce alle origini di Pavia un’aura di mistero.
E nemmeno sul primo insediamento di capanne ci sono certezze. L’ipotesi più accreditata è quella di un primo villaggio a ridosso di una zona in cui il fiume è facilmente attraversabile, probabilmente nella congiuntura tra la pista che risaliva la sinistra del Po e quella che conferisce alle origini di Pavia un’aura di mistero.
E nemmeno sul primo insediamento di capanne ci sono certezze. L’ipotesi più accreditata è quella di un primo villaggio a ridosso di una zona in cui il fiume è facilmente attraversabile, probabilmente nella congiuntura tra la pista che risaliva la sinistra del Po e quella che discendeva la sinistra del Ticino. Ancora un’altra ipotesi racconta che i villaggi fossero due: uno proprio a ridosso del fiume, la zona del Demetrio, e l’altro poco più su, nell’odierna piazza XXIV Maggio,in stretto dialogo fra loro.
Piazza XXIV Maggio, a differenza di quella del Municipio, è uno slargo piccolo e silenzioso proprio dietro il Duomo. Ci si arriva da via Cardano percorrendo la stretta strada medievale fatta di sassi e ciottoli. Avvolta dal silenzio, vicina ma non inglobata nel centro storico, rappresenta la classica piazzetta di Pavia, come tante ce ne sono nascoste nel cuore della città. Proprio qui, le fonti segnalano un altro dei primi insediamenti umani della Pavia preistorica. E proprio qui, c’è una delle strade più ripide della città, quella via Rotario che fila veloce verso il Ticino, dopo avere incrociato più in basso Porta Calcinara. Ancora un’altura, ancora un gruppo di capanne. Una comunità al riparo dai predatori e dai pericoli, che si ciba di selvaggina e vegetazione. Ancora, là in basso, il Ticino, fonte di sopravvivenza e approvvigionamenti.
Fonte "La storia di Pavia"