La caduta del fascismo e gli schiaffi in Strada Nuova: I tedeschi invadono Pavia (in bicicletta)
La caduta del fascismo e gli schiaffi in Strada Nuova: I tedeschi invadono Pavia (in bicicletta)
La scossa che pervade tutta Italia dopo il 25 luglio 1943 colpisce anche la sonnacchiosa Pavia, che fino ad allora aveva sopportato il duro regime fascista senza grossi sussulti.
La notizia della crisi del partito dopo la caduta di Mussolini si propaga dal suo cuore politico, quella sede di Tre Re che con pugno di ferro ha dominato la città.
Nei confronti di chi al fascismo volta le spalle nel momento di difficoltà, scatta la voglia di vendetta. Si fanno liste, più o meno pubbliche di “traditori”. Che sono molti di più di quelli che si pensa in un primo momento. Fra questi c’è Mario Schiapparoli, classe 1897. Giulio Guderzo, nella sua opera “L ‘altra guerra”, lo descrive come squadrista della prima ora e direttore del Consiglio provinciale delle corporazioni. Il mattino del 26 luglio, di fronte al Demetrio, si toglie il distintivo del partito fascista in maniera plateale lanciandolo a terra.
Questo gesto gli procura una ritorsione ugualmente plateale. Qualche ora dopo, in Corso Vittorio Emanuele (oggi Strada Nuova) Edoardo Baldi, fedelissimo delle camicie nere , nauseato del gesto di Schiapparoli, lo schiaffeggia davanti a tutti dopo averlo incontrato casualmente sulla pubblica via.
Ma la situazione peggiora ancora dopo l’8 settembre. Le forze militari presenti nelle caserme si sbriciolano.
La città è come sospesa. Qualcuno accenna a festeggiare in Strada Nuova, in piazza della Vittoria e corso Cavour. Ma sono manifestazioni sporadiche. La maggior parte dei cittadini sta con le orecchie incollate alla radio. E la radio dice che la guerra continua.
L’esercito si disgrega. Le caserme vengono abbandonate. Inizia il saccheggio. Tutto quello può essere portato via, prende il volo. L’iniziale gioia per la caduta del duce lascia il posto , ben presto, all’incertezza e alla paura.
I primi a riscuotersi dal torpore, sono, ancora una volta , gli universitari. Il 9 settembre 1943, in via Menocchio, nella sede del vescovado, si svolge un incontro tra studenti laici e cattolici. L’obiettivo su cosa fare è chiaro sin dall’inizio: scrivere un manifesto in cui si esorti a stringere le fila “contro l’odiato nemico secolare”, ossia i nazisti ormai alle porte della città. Viene trascritto a grandi caratteri e appeso presso il portone dell’ateneo. Un pietoso custode, avendo annusato il peggio, provvede a rimuoverlo nella notte.
E, infatti, i tedeschi non tardano ad arrivare. Il 10 settembre, senza un colpo di fucile, viene firmata la resa da un colonnello e le odiate truppe naziste entrano a Pavia.
Sembra un remake di quasi cent’anni prima, con l’arrivo delle truppe austriache, Strada Nuova è di nuovo invasa dai soldati stranieri.
C’è però, chi tenta una disperata resistenza di fronte alle truppe nemiche. Un gruppo di soldati italiani cerca di fermare i nazisti nell’attuale viale della Resistenza. Ma non si sono accorti che dietro la timida (in apparenza) avanguardia germanica c’è la temibile II divisione SS Panzer. Il comando è già saldamente installato fuori città, a Fossarmato, per precauzione. I pochi militari di quello che rimane dell’esercito italiano devono battere in ritirata. Inizia il dramma dei soldati pavesi e non solo . Chi è arruolato sarà presto costretto a prendere una decisione: consegnarsi ai tedeschi, o rispondere ai bandi di chiamata del nuovo esercito della neonata Repubblica sociale italiana, a capo della quale i tedeschi – ormai padroni del Nord Italia – hanno messo Mussolini liberato dalla prigione del Gran Sasso.
Ai primi di ottobre, si forma la Federazione dei fasci repubblicani, la cui sede è al Broletto.
La provincia pavese viene soppressa. Al suo posto, esce il popolo repubblicano. La città di fronte a una nuova terribile minaccia : quella del nazi-fascismo. Non ci sono solo smarrimento e paura, però. Si crea quasi subito un comitato antifascista che raccoglie personalità di varie tendenze e viene costituendosi il primo comitato liberazione, affiancato da un comitato militare.
Una delle sedi è proprio in centro al bar Cerere in piazza della Posta. I primi a farne parte furono Angelo Balconi , Enrico Magenes, Ferruccio Belli, Lorenzo Alberti. Iniziano anche i primi arresti. In seguito ai bandi fascisti di arruolamento, buona parte dei giovani si dà infatti alla macchia. Soprattutto nelle campagne Insieme a loro, si nascondono anche parecchi prigionieri inglesi. Due di loro vengono catturati il 3 Dicembre a Travacò Siccomario , a dieci chilometri da Pavia. Una relazione del comando nazi-fascista precisa che il padrone di casa, Oreste Colombo, “Aveva fornito loro ricovero, vitto e alloggio”.
Sempre a pochi chilometri da Pavia, nel Comune di Lardirago, vengono eseguiti altri arresti. Nei locali del panificio di Felice Anfossi vengono catturati sei inglesi. Il proprietario, nell’interrogatorio condotto a Pavia presso il comando delle VII Legione Gnr, alla caserma Menabrea di Pavia, ammette di aver ospitato e sfamato quei soldati per circa otto giorni. La sua posizione è aggravata dal ritrovamento di armi e munizioni destinate ai ribelli. La repressione è sempre più pesante.