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IL RE BARBARO INNAMORATO DI TICINUM


Se Attila l’aveva risparmiata, Teodorico addirittura ne fa una piccola capitale.

 

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L’orda dei barbari che pone fine all’epoca romana non porta sostanziali cambiamenti per gli abitanti di Ticinum. E questo grazie al re dei Goti. Teodorico,infatti, si innamora perdutamente di Pavia.

 

Così, se Attila l’aveva (insiegabilmente) risparmiata, Teodorico addirittura ne fa una piccola capitale.

 

Ancora una volta, bisogna addentrarsi nel cuore di Pavia. Il vecchio impianto urbanistico romano durerà ancora per parecchi secoli, tanto che l’orma dei discendenti di Augusto rimane ancora oggi. E si riparte proprio dalla via da cui l’imperatore entrò in città, nel 9 a. C.

 

L’attuale via Scopoli, quasi mezzo secolo dopo, si ritrova di nuovo al centro della storia perché Teodorico, re dei Goti, decide di mettere il primo mattone per realizzare il Palazzo reale. Da qui la città inizia a rifiorire. Ticinum ha,d’ora in avanti, una funzione amministrativa e giuridica, non inferiore a Ravenna e Verona, gli altri due centri preferiti dal re goto.

 

Teodorico fa costruire delle terme recuperando quelle romane nella zona di quella che oggi si chiama via Comi, un anfiteatro e altri edifici pubblici.

 

 

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Ma soprattutto fa costruire il suo palazzo. Che, come tale, dovrà essere sontuoso.

 

La prima pietra, dunque, viene posata all’inizio della via, vicino a piazza del Municipio.

 

Bisogna fare un piccolo sforzo di fantasia. Si vedono, in pieno centro storico dell’attuale Pavia, decine di schiavi impegnati ad erigere l’edificio, portando travi e mattoni. Quasi certamente si tratta di materiale riciclato da antichi edifici romani.

 

Oggi c’è una piccola strada scoscesa, a due passi dal Comune.

 

E’ via Ressi. Proprio fra questa strada e via Corridoni viene realizzato quello che è stato definito “il giardino del re”. Lo ricorda Pietro Pessani, autore settecentesco di storia dei palazzi pavesi e di quella che Mino Milani definisce “la più precisa e bella carta di Pavia” dell’epoca.

 

Si tratta, naturalmente, di un palazzo degno di un magnifico re che “ha sotto gli occhi le superbe bizantine moli ed è gran fondatore di fabbriche”. Ma nonostante tutto , non deve però essere una costruzione grandiosa. Nulla che ricordi i palazzi patrizi romani.

 

Oggi non rimane più nulla dell’edificio, distruttto nel 1024 dalla furia popolare. Si sa solo che è dotato di logge e porticati una vasta sala delle udienze, sulla cui parete è raffigurato il re goto a cavallo.

 

Il palazzo proprio all’estremità del decumano (l’attuale Corso Mazzini) con il tempo si allarga verso oriente, cioè in direzione della cinta muraria. In pratica va verso il fiume.

 

Si scende,allora, ripercorrendo le mura, ampliate da Teodorico per meglio difendere palazzo e città.Da ovest e est, si rasenta l’attuale via Santa Margherita, attigua a viale Oberdan. Qui, si incrocia quella che oggi è conosciuta come via Porta Calcinara. Si prosegue per via Porta Pertusati, ignorando i clacson delle auto e il rumore. Ecco, ci si ritrova dentro il palazzo di Teodorico. E di nuovo si incontra il caldo romano, oggi Strada Nuova. Si prosegue nella zona distrutta nel 1944 dai bombardamenti per piaza Berengario, via Porta Damiani, per arrivare a via Alboino, nei pressi della Porta San Giovanni. Le mura vengono rafforzate da una piccola fortezza, proprio nel punto che oggi si chiama Porta Salara.

 

Tutto è sotto il controllo del re. A Ticinum viene nominato un comes, cioè un conte che ha il compito di comandare la guarnigione quando il re è assente.

 

Teodorico ha un sogno ambizioso: fare dell’Italia la sede definitiva del suo popolo. E di Ticinum un punto di forza del suo regno. Ma per fare questo non ha bisogno solo delle armi. Ci vuole anche il cervello. E il re goto lo individua, per governare, in un intellettuale colto e raffinato che chiama a corte: Severino Boezio.

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