I BARBARI ALLE PORTE DELLA CITTA’: IL CAVALLO DI ALBOINO
Esattamente 560 anni dopo l’entrata in città di Augusto dall’attuale via Scopoli, poco lontano un altro sovrano fa il suo ingresso a Ticinum. E’ Alboino, re dei Longobardi. E’ la primavera del 572. Alboino arriva con la sua scorta davanti a quella che i cittadini conoscono come Porta San Giovanni. Oggi di quell ingresso non c’è quasi più traccia. Il varco pressappoco si trova dove attualmente sorge la Chiesa di San Giovanni in Borgo, nella parte bassa della città vicino al fiume.
Bisogna fare un piccolo passo indietro di quattro anni. E’ la Pasqua del 568 quando una sterminata moltitudine di Barbari, Bruciate le loro tende, si mette in viaggio dalla Germania del nord verso l’Italia.
Si calcola che non siano meno di 200 mila persone , di cui solo 50mila i guerrieri.
Una migrazione in piena regola, quella dei Longobardi. Così si chiamano uomini,donne e bambini che l’anno successivo si affacciano dal passo di Predil,sulle Alpi Giulie.
A capo dell’orda c’è Alboino. La discesa verso la Val Padana non incontra ostacoli. I cronisti dell’epoca parlano di “marea umana”.
Tutti fuggono davanti ai guerrieri spietati del re , egli stesso condottiero senza troppi scrupoli. L’esercito bizantino,ormai, è in disfacimento. Una sola città decide di resistere: Ticinum.
L’esercito di Alboino si trova le porte serrate e le mura pronte alla difesa. Il re longobardo è di alta statura e in tutto il suo aspetto sembra creato per fare la guerra. Decide di porre l’assedio.
Secondo i cronisti del tempo, dura almeno tre anni, ma probabilmente meno.
Nella primavera del 572, stremata dalla fame, Ticinum cade nelle mani dell’ennesimo invasore.Ma Alboino non mostra, almeno nelle intenzioni, di subire il fascino della “piccola Ravenna”.
Morirà a Verona qualche anno più tardi su congiura ordita dalla moglie Rosmunda, dopo che la donna era stata costretta a bere vino durante un banchetto dal teschio del padre Cunimondo, re dei Gepidi, sconfitto proprio da Alboino qualche anno prima.
Davanti a Porta San Giovanni, la storia si mischia alla leggenda. E’ Paolo Diacono (autore vissuto nell'VIII secolo) a raccontarvi nei dettagli nel suo celebre “Storia dei Longobardi”. Il condottiero a cavallo oltrepassa la porta. Gli zoccoli del suo destriero in quel tratto di strada che oggi si collega a Corso Garibaldi. Il re, dopo aver giurato di non torcere un capello a chi si arrende, pianifica una strage. Ma il suo possente stallone improvvisamente si accascia sul selciato. Per quanto stimolato dagli sproni e frustato dallo scudiero, la bestia non si rialza. Uno dei Longobardi si rivolge allora al re dicendo: “Rammenta,sire, il voto che tu hai fatto.Rompi un voto così duro ed entrerai nella fortezza, perché il popolo di questa città è veramente cristiano.” Alboino ,infatti, aveva fatto voto di far passare a fil di spada tutta la popolazione che avesse rifiutato di arrendersi. Ora, avendo infranto il suo voto e promesso la clemenza ai cittadini,subito il cavallo si rialza.
Diacono prosegue raccontando che , a questo punto, Alboino mantiene il giuramento e non torce un capello alla popolazione, che alla fine si era arresa.Il re longobardo , quindi, viene acclamato dal popolo che nel frattempo si era accalcato attorno al palazzo di Teodorico, la cui parte terminale arriva proprio a ridosso di Porta San Giovanni.
La storia appare un po' edulcorata, se si pensa che i ticinesi sono stremati da almeno un paio d’anni di assedio dove fame, paura e carestie sono oramai consuetudine.
“La storia del medioevo, nei suoi aspetti più bui – come annota Gabriele Pepe,letterato e poeta vissuto fra il 700 e l’800 – comincia dal giorno in cui Alboino conquista Pavia.”
In città, a ogni modo, Alboino si ferma poco. Finirà ucciso a Verona durante un banchetto, per la congiura della moglie Rosmunda. Ma quel tratto di strada, dove secondo la storia – leggenda , il destriero del re longobardo stramazzò, ancora oggi si chiama via Alboino.