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Fra Cielo e Fiume

In riva al Ticino

Pavia, priva di aeroporti civili, di basi aeree militari e di industrie di settore, non ha un’attuale vita aeronautica, e così tutto ciò che in città gravita attorno al tema del volo assume una, comunque meritata, luce straordinaria.

In uno dei suoi luoghi simbolo, almeno nei ricordi di chi l’ha vissuta da studente, appare un’ala sospesa. È quella del monumento ai caduti dell’Arma azzurra, elevato a poca distanza dalla sponda sinistra del Ticino laddove, superata appena l’ombra del Ponte della Libertà, si giunge in pochi passi al Ponte Coperto: l’icona in cui vive la rappresentazione dell’intera città.

Ma è proprio davanti alla Casa dello Studente, ora Collegio Valla, che si sdogana l’identità cittadina, almeno quella che si ritrova in chi, fuori le mura, ti chiede da dove tu possa mai venire. Pavia? Ma sì dai, la conosco, ci ho studiato, che bella città, un vanto averla conseguita lì la mia laurea. Sai ora c’è mio figlio, e posso fingere di riviverla un po’. Ci torno di tanto in tanto, ci potremo vedere, cercheremo di mangiare qualcosa... c’è ancora l’Osteria del Senatore?

 

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Ed è proprio lì, di fronte a quella residenza universitaria, che si ricorda l’aviazione, come potrebbe essere diversamente: il volo non ha confini, come chi studia ed ha negli occhi la luce di un sogno per qualcosa un po’ più su.

E c’è tutta una tensione verso l’alto in quella prospettiva che, da Piazzale dell’Aeronautica, sovrappone il Monumento degli Aviatori all’altissima Cupola del Bramante che si offre allo sguardo dalla Via Carlo Bonetta, improvvisa e scoscesa frattura nel denso tessuto urbano del centro storico, di un rosso desaturato come i suoi mattoni, ma tanto semplice quanto, e per questo, di un’insuperabile eleganza alla quale vorremo sempre appartenere.

Il Duomo sullo sfondo lo rammenta: la fede degli aviatori non tocca mai terra, come

l’ala del monumento a loro dedicato: questo il senso della cuspide, realizzata dalle Officine Fedegari, che si riproduce su tre lati, come il numero dei colori della nostra bandiera.

“Tu Dio sii con noi come noi siamo con te per sempre”, recita la loro preghiera.

L’ala, quella che la scultura d’acciaio lascia sospesa, ha solcato davvero i cieli: è di un Beechcraft C-45 Expediter, un bimotore di costruzione metallica, bideriva, dall’architettura generale e dimensioni simili al Lockheed - 10 Electra, a bordo del quale nel 1937 scomparve la leggendaria Amelia Earhart durante il suo tentativo di giro del mondo. Solo un po’ meno bello.

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Un discreto numero di tali velivoli era stato utilizzato dall’Aeronautica Militare Italiana negli anni ’50, che li assegnò ai Gruppi 2° (Squadriglie 102° e 103°) e 98° (Squadriglie 240° e 241°) del 46° Stormo di Pisa, per poi in seguito impiegarli, con l’avvento di aeroplani più recenti, presso vari reparti con compiti di addestramento, assistenza radiomisure, e collegamento.

A fine carriera i “Bici” superstiti, così erano stati affettuosamente soprannominati dal personale aeronautico italiano, erano stati dapprima parcheggiati presso lo stabilimento SIAI Marchetti di Vergiate, che ne aveva curato la manutenzione, e poi collocati, ormai rottami, presso il 111° Magazzeno dell’Aeronautica Militare di Gallarate.

L’ala, più propriamente una semiala, di uno di quei velivoli venne quindi donata dall’Aeronautica Militare alla Sezione Pavese dell’Associazione Arma Aeronautica, all’esito delle motivate richieste formulate dal Col. Mario Ceccetti.

Sono stati quindi gli uomini del G.L.A. - Gruppo Lavoratori Anziani di quell’azienda a curarne il restauro e a ricordare la stessa SIAI Marchetti è una targa rivettata sulla sua centina esterna, presente sin dall’inaugurazione del monumento: era l’anno 1985 e nel Comitato d’Onore risultava primo in elenco l’On.le Virginio Rognoni, allora Ministro dell’Interno. In quell’evento la narrazione dei ricordi avrebbe rivelato che poco oltre, appena superata la sommità spondale, storie di cielo e di fiume già avevano legato Pavia ai cugini aero- nautici dell’alta valle del Ticino, quando più di cinquantacinque anni prima, era il 1930, un idroscivolante realizzato proprio dalla SIAI Marchetti apparve alla partenza del Raid Pavia-Venezia.


Quel nuovo tipo di barca da competizione, costituito in buona sostanza, nella sua configurazione più tipica, dall’accoppiamento di due scarponi da idrovolanti spinti da un motore di aviazione, inaugurò, sin dalla prima edizione, una serie impressionante di vittorie: gli idroscivolanti arrivarono primi al traguardo della Serenissima in ben otto edizioni consecutive con una incredibile progressione di prestazioni. Il percorso di quella che era la competizione motonautica più lunga del mondo fu concluso, nel 1938, in 4 ore, 11 mi- nuti e 28 secondi alla media di 103,308 Km, circa il doppio della media oraria tenuta al termine della prima partecipazione.

 

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Articolo di Paolo Re tratto dal Libro "Fra Cielo e Fiume", https://www.libreriauniversitaria.it/cielo-fiume-ali-scafi-motori/libro/9788879634281