Domus, terme e anfiteatro: la placida vita di Cornelio Nepote fra via Comi e via Volta
Domus, terme e anfiteatro: la placida vita di Cornelio Nepote fra via Comi e via Volta
Le teche dei musei civici , che si trovano nella sezione archeologica del Castello Visconteo, conservano ancora numerosi reperti ritrovati in diversi punti della città e possono aiutare a ricostruire momenti di vita domestica della casa patrizia del nostro antenato pavese, intento a discutere di qualche affare o di politica nel foro di piazza della Vittoria.
Egli è fra i pochi fortunati a risiedere lì. A raccontarlo è lo storico e studioso Pierluigi Tozzi. Dall’impianto urbano della Ticinum romana, come emerge dal testo di Tozzi, arriva la consapevolezza che la popolazione del ! secolo a.C. è di circa 13 mila persone e che gran parte di loro “vivono nelle 60 o 70 grandi insulae quadrate che si sviluppano fra quelle che oggi si chiamano corso Carlo Alberto, Via Amalfi, via Capsoni, e fra piazza Botta e via Corridoni. Oppure poco più in là fra via dei liguri e via Pedotti”.
E’ una tipica , seppur ricca, dimora romana quella dell’antenato di Ticinum.
Concepita come una sorta di fortino. Non ha finestre, se non piccole e rare, e poste sempre in alto.
Una casa sicuramente signorile , come doveva esserlo quella di Cornelio Nepote, ricco rampollo della nobiltà locale, letterato e storico vissuto a Ticinum nel I sec. A.C. Quasi certa è la sua nascita in questa città. Come ricorda Theodor Mommsen, il più grande storico classicista dello scorso secolo.
Assieme a lui Marco Tullio Cicerone annovera anche come originario della futura Pavia il filosofo epicureo Tito Catius.
La città, fuori dalle mura domestiche , è però tutt’altro che sicura . Ecco perché chi può, vive in una specie di fortezza.L’entrata è costruita da un alto portone in legno, con grossi battenti in bronzo. La pianta è classica , come tutti i palazzi delle classi benestanti. Un corridoio porta l’atrio, una sala rettangolare e ampia, colorata con affreschi vivaci e ben riscaldata, in inverno, da grossi bracieri. Al centro del soffitto, al posto di un pezzo di tetto, c’è una grande apertura quadrata. Da qui entrano luce e acqua, raccolta poi nell'impianto che la trasferisce in una cisterna sotterranea. Le pareti sono tutte decorate, con sgargianti colori giallo-ocra, rosso e azzurro. Ai lati della domus del Broletto si affacciano le stanze. Sono cubicula, camere da letto piccole e austere, senza finestre né arredamento, a parte un letto e un braciere. Completano la casa il tablinum, ovvero l’ufficio del padrone di casa dove vengono ricevuti i clienti.
Questa è la parte di rappresentanza.
Più avanti il peristilio, la parte più intima della domus, con il suo giardino circondato da un bellissimo colonnato di marmo. Una vera oasi di pace con fiori, erbe e addirittura alberi disposti in forma geometrica.
Tutti gli ambienti sono impreziositi da statue di bronzo e fontane.
Le antiche domus dei ricchi abitanti di Pavia romana ne dovevano essere piene, viste l’abbondanza di acqua del sottosuolo. E a questo proposito Hudson racconta che gli agrimensori della città romana riescono a sfruttare i due rami del torrente Carona non solo per finalità domestiche , ma anche difensive.
Ma se si torna alla casa del Dominus, ora impegnato nel foro, si possono osservare alcuni dettagli affascinanti. Gli scavi hanno portato alla luce i mosaici dei pavimenti, mostrando così che probabilmente l’area è occupata da complessi monumentali pubblici o da residenze di classi agiate.
Nei vari ambienti domestici, ci sono decine di schiavi, impegnati nelle mansioni più umili: pulizia, vigilanza, cucina. La domina, ovvero la moglie del ricco proprietario, non mette naso nelle vicende di casa.
Alcuni reperti trovati in corso Cavour, dove molto probabilmente sorgeva un’altra Domus , ed esposti ai Musei Civici, mostrano com'è la vita di tutti i giorni.
Coppe in terracotta,d’argento,spille e ciotole sono stati riportati alla luce e sembrano realizzati ieri. Ancora una volta, bisogna ringraziare il numismatico e collezionista Camillo Brambilla se nelle sale possiamo ammirare tanti oggetti quotidiani della vita di Ticinum: statuine di terracotta , brocca con bicchieri, anfore. E ancora, casseruole, pentole di rame usate per cucinare, coltelli e forchette e graticole, come quelle ritrovate nel 1929 a Pieve Porto Morone,paese a 25 chilometri da Pavia.
Cala la sera, sulla casa aristocratica del Broletto. Oggi piazza della Vittoria si riempie di avventori che raggiungono i numerosi bar che si affacciano sull’ampio spazio nel cuore di Pavia. Ma passeggiando per il foro , oltre duemila anni fa, si sarebbero visti i ricchi proprietari delle case patrizie di Ticinum tornare in tempo per prepararsi a ricevere amici e clienti nella propria dimora. La città si svuota, con le tenebre diventa pericoloso inoltrarsi negli stretti vicoli delle insule se non scortati da robusti schiavi armati che però solo i più ricchi possono permettersi.
Alla sera non è infrequente organizzare banchetti sontuosi a cui partecipano gli aristocratici della città. Nelle sale dei Musei civici possono ancora vedere gli oggetti che la Domina di Piazza Vittoria. Se si passeggia per l’attuale via Comi, si sta andando dritti dritti verso un altro luogo fondamentale per la vita degli abitanti di Ticinum.
Da quella che oggi è via Strada Nuova ,e che come si è visto duemila anni fa era il cardo massimo, si scende per via Garibaldi. Stretta e viva, piena di negozi, ristorantini etnici e gente che la percorre in entrambe le direzioni calpestando le grosse pietre grigie e squadrate , si arriva alla prima strada che la incrocia perpendicolarmente, secondo il rigido schema urbanistico latino. E’ un tratto ancora più stretto.
Oggi le auto che la percorrono, sbucano prudentemente per immettersi su Corso Garibaldi. Due millenni fa, un agiato proprietario della domus del Broletto ci sarebbe arrivato su una lettiga, facendosi largo tra la folla. Ad attenderlo,proprio qui, ci sono le terme.
Ancora una volta è la chiesa di San Tommaso a fornire una preziosa testimonianza. Quasi certamente siamo nella zona termale della città antica.Il che potrebbe trovare puntuale conferma se potessimo interpretare come terme a carattere pubblico, l’edificio con grande aula poli absidata venuto alla luce nel 1895 sotto la Chiesa di San Tommaso. Un’ ipotesi avanzata già nei documenti ottocenteschi redatti dai militari che avevano trasformato Palazzo San Tommaso in caserma. La conferma arriva dal professor Maurizio Harari, direttore del museo di archeologia dell’università, secondo cui “è probabile l’ipotesi che si possa trattare delle terme. La fascia del ritrovamento in san Tommaso è di proporzioni limitate mentre l’area archeologicamente interessante dovrebbe essere sotto il chiostro della Chiesa della Mostiola”. Nel 2013 , dopo la scoperta dei resti, la Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia ha fermato i lavori in corso per la realizzazione della biblioteca unificata del settore umanistico dell’università per eseguire studi più approfonditi. <pochissimi a dire la verità, i cenni al posizionamento dell’anfiteatro, che pure nella Pavia romana deve esistere. Lo storico inglese Donald Bullough, nel suo “Late and early medieval Pavia: topography and social change”, suggerisce il posto: fra le attuali via Porta e via Volta , la modesta inclinazione del terreno e l’ampiezza dello spazio, lasciano pensare che questo fosse proprio il posto ideale per un anfiteatro.
Ritrovamenti a favore di questa tesi sono emersi nel 1895