Storia e leggenda sull’immagine topografica più famosa a Pavia di Ezio Tiraboschi
La misteriosa figura impiccata nell'affresco di San Teodoro: tra leggenda e realtà storica
Risalendo da Porta Calcinara verso il centro città, in una piazzetta quasi nascosta, ci si imbatte in una delle più antiche chiese pavesi, risalente probabilmente all’VIII secolo.
Si tratta della basilica di SanTeodoro, un tempo dedicata a Sant’Agnese e che secoli dopo accolse le spoglie del Santo che fu Vescovo di Pavia tra il 742 e il 753, patrono dei pescatori, dei barcaioli e dei commercianti che vivevano in questa zona della città, attorno all’allora Porta Pertusi.
All’interno della chiesa, nella prima campata a sinistra, si può ammirare la famosa “Veduta di Pavia”, la più straordinaria immagine topografica della città di epoca rinascimentale.
Pur non essendo certa la “firma” dell’opera datata all’incirca 1525, l’artista più accreditato della sua realizzazione è Bernardino Lanzani.
Nell’opera, Pavia è ripresa da Sud, dal Borgo Ticino. In primo piano domina la figura di Sant’Antonio Abate, protettore del Borgo, seduto su un tronco, nell’atto di benedire. Ai suoi piedi barche e lavandaie del borgo, il “corpus santi di Sant’Antonio”, ossia un rione fuori dalle mura cittadine.
A sinistra del Santo il Ponte Coperto fortificato a difesa della città con due porte a torre collegato all’odierna Strada Nuova, antico cardine romano, che si allunga sino al Castello Visconteo, raffigurato ancora intatto con le sue quattro torri originarie.
All’interno della città circondata dalle antiche mura, si possono osservare fabbricati e chiese ancor oggi esistenti: il Broletto in piazza grande, la statua del Regisole nella piazza piccola chiamata Atrio di San Siro con le due cattedrali gemine che verranno sostituite nei secoli successivi dal Duomo, le innumerevoli torri allora esistenti, San Teodoro, San Tommaso, San Michele, San Giovanni in Borgo.
Una vera e propria “fotografia” dell’assetto urbanistico della città cinquecentesca.
La particolarità dell’affresco è che Pavia da sfondo diventa vera protagonista della composizione.
Nella parte alta della veduta il patrono San Siro, Sant’Agostino e San Teodoro, dall’alto dei cieli proteggono la città perchè venga liberata dai francesi.
L’affresco venne infatti realizzato come “singolare ex voto civico” per ringraziare Federico Gonzaga, duca di Mantova, che aveva difeso la città dall’assedio francese del 1522 condotto dal Lautrec.
Nel suggestivo affresco ai merli della torre del Ponte coperto verso il Borgo, pende la figura di un impiccato, spettacolo macabro e piuttosto incoerente con tutto il resto della raffigurazione.
Con il passare del tempo i pavesi iniziarono a credere che il personaggio impiccato dovesse rappresentare un traditore della città e precisamente il conte Ludovico Barbiano di Belgioioso.
Che il Conte meritasse di essere impiccato, per quei tempi, ci poteva stare. Durante l’assedio dei francesi invece di difendere la città, abbandonò i concittadini con massima viltà.
Il tutto è solo una leggenda popolare. In effetti il Conte non fu affatto impiccato. E neppure si può affermare che fu impiccato “in effige” nell’affresco, in quanto il dipinto risale al 1522 e solo cinque anni
dopo, nel 1522 Lautrec conquistò Pavia.
Ma il popolo pavese continuò tenacemente a immaginare che quell’individuo impiccato fosse il Conte Barbiano.
Quando nel 1812 un suo discendente, il principe Alberico Barbiano contribuì con una ricca donazione all’installazione in piazza Castello dell’obelisco ancora oggi lì posizionato, si disse che il contributo era stato pattuito con il Comune alla condizione che la figura dell’impiccato venisse in qualche modo sottratta alla vista del pubblico, non volendo, il principe, che fosse ulteriormente diffamata la memoria dell’antenato.
Per questo, sempre secondo la tradizione popolare, il Comune aveva provveduto a nascondere l’affresco ricoprendolo con una tela rappresentante Sant’Agata e per anni i pavesi si lamentarono per la perdita in
bella vista dell’affresco.
In effetti nulla di ciò aveva un qualcosa di vero. L’affresco infatti fu ricoperto a fine 700, non si sa per quale motivo, quindi ben prima che fosse eretto l’obelisco di piazza Castello.
Si diceva anche che quando l’obelisco fu inaugurato, si volle interrare fra le fondamenta un piccolo cofano contenente una pergamena e alcune monete dell’epoca. Nella fantasia popolare quelle monete divennero un vero e proprio tesoro e quando l’obelisco venne spostato con grande malcontento dei pavesi, furono ritrovate 33 monete di rame d’epoca napoleonica, ma nessuno sa dove siano finite.
Resta infine una domanda alla quale nessuno ha saputo dare una risposta.
Chi era l’impiccato nell’affresco?
EZIO TIRABOSCHI