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L'Idroscalo di Pavia: Storia, Decadenza e Necessità di Riqualificazione

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Percorrendo Lungo Ticino Sforza in direzione Istituto Bordoni, al numero civico 51 (vi è ancora apposta la targhetta), sulla destra a contatto con le acque del Ticino sorge un grande mostro in muratura, sostenuto da piloni di cemento armato, struttura in disfacimento.

Si tratta dell’Idroscalo, in totale abbandono dal 1981 e ormai in rovina.

L’Idroscalo fu costruito nel 1925 su progetto di Giuseppe Pagano Pogatschnig e inaugurato il 1° aprile dell’anno successivo alla presenza di Benito Mussolini.

Si trattava di un hangar costruito su quattro piloni di cemento armato, in pratica delle palafitte, alti 7 metri con finestroni su tre lati e collegato a terra sul lato senza finestre tramite due scivoli lunghi 4-5 metri e con pendenza del 25%. La pianta era rettangolare su una soletta di 34 metri x 22 metri.

L’hangar era destinato al ricovero degli idrovolanti ed era provvisto di officina. 

La parte a ovest conteneva l’alloggio dei piloti e dell’altro personale, la sala d’aspetto per i passeggeri ed era dotata di moderni impianti igienici.

L’edificio era  pertanto un aeroporto fluviale, primo scalo della tratta Torino – Trieste gestita dalla società SISA (Società Italiana Servizi Aerei) fondata dai fratelli triestini Cosulich che ne fecero la prima linea di aviazione civile operante in Italia.

Pavia era una tappa di rifornimento e per lo smistamento di merci e posta anche per la vicina area milanese.

Quel 1° aprile 1926 partì da Torino il primo volo inaugurale, il generale Balzani pilotò un biplano monomotore Cant 10 Ter a cinque posti.

La rotta seguiva il percorso del Po con scali a Pavia e Venezia, il volo durava circa 5 ore e copriva una distanza di 574 chilometri.

Il volo era estremamente disagevole e anche pericoloso. Il pilota era all’aperto e i cinque passeggeri venivano forniti di coperte e borse dell’acqua calda per ripararsi dall’aria e dal freddo. Poiché il rumore era assordante, venivano dotati anche di tappi per le orecchie.

Nonostante il costo assai elevato, 350 lire, nel primo anno ci furono ben 575 collegamenti e 1588 passeggeri.

L’idroscalo rimase in funzione fino al 1942 quando la SISA fu assorbita dalla Società Aerea Mediterranea.

Venne quindi parzialmente utilizzato da privati, finché nel 1981 venne definitivamente dismessa l’attività di scalo fluviale per idrovolanti.

Ada Negri (nella poesia Di giorno in giorno del 1932) definisce l’Idroscalo opera moderna, come in effetti era l’hangar costruito qualche anno prima, nel 1925.

Sono passati 99 anni dalla sua costruzione, 43 dal suo abbandono.

Pavia è una splendida città. Osservare il Borgo basso dal Ponte Coperto, le sue case colorate in riva al fiume, il monumento alla Lavandaia, il viale alberato con la sede della Colombo e gli Orti Borromaici, è particolarmente suggestivo, poi volgi lo sguardo là in fondo, verso valle ed ecco l’eco mostro che impatta rovinosamente il paesaggio.

La proprietà è oggi in mano privata, un progetto di riqualificazione dell’architetto Luisa Marabelli giace da anni totalmente disatteso.

Da pavese che tiene moltissimo alla sua città, vorrei che chi ha voce in capitolo provi seriamente a risolvere l’assurda situazione.

Sono anni che fra i pavesi gira questa battuta: ma le no mei tral giù cal cadavar ?

Saggezza popolana.

Ezio Tiraboschi