La Storia della NECCHI: L'Impresa che ha Trasformato Pavia di Ezio Tiraboschi
Dalla ferramenta alla produzione globale di macchine da cucire, la NECCHI ha segnato l'identità economica e sociale di Pavia per oltre un secolo.
Foto di Roby Bettolini
In rari casi si identifica una città con un’impresa industriale.
Un caso eclatante è Pavia che è associata al brand NECCHI per ben oltre un secolo, dal primo insediamento nel lontanissimo 1835 alla definitiva dismissione avvenuta negli anni 2000.
Negli anni’ 50 e ‘60 del secolo scorso la NECCHI ha rappresentato il motore economico, sociale ed urbanistico di Pavia. Oltre 6.000 dipendenti negli anni di maggior fulgore, un esteso indotto, un impatto determinante sul benessere cittadino, non vi era famiglia pavese che direttamente o indirettamente non avesse legami lavorativi o commerciali con la “fabbrica”, le infrastrutture in costante espansione che condizionavano nel bene e nel male anche l’assetto urbanistico e viabilistico della città.
La storia della NECCHI è stata raccontata da ogni angolazione possibile, con contrastanti visioni da parte della parte imprenditoriale manageriale, dalla parte dei lavoratori – sindacati, dalla parte del governo locale, da molti esperti commentatori.
Qui vorrei riportare solo alcune curiosità poco conosciute o del tutto dimenticate.
La prima attività della famiglia Necchi a Pavia risale al 1835.
Al di fuori delle mura cittadine, nei cosiddetti Corpi Santi, piccoli insediamenti urbani sparsi nel territorio, ma raggruppati in un unico soggetto comunale, sorge l’attività commerciale di ferramenta a cui viene aggiunta successivamente una piccola fonderia per la lavorazione della ghisa e la produzione e la vendita di radiatori per riscaldamento.
Nel 1900 Ambrogio Necchi, figlio dell’imprenditore capostipite Giuseppe, costruisce una nuova fonderia situata in Corso Cairoli 3, sì, proprio a pochi metri dal Collegio, incredibile il
solo immaginarlo oggi. Eppure dava lavoro a oltre mille operai.
Pochi anni dopo nuovo trasferimento della fonderia presso l’area tra il Navigliaccio e lo scalo merci ferroviario Milano – Genova e successivamente nuovo ampliamento inglobando i fabbricati dell’oleificio Gaslini-Rizzo e del risificio Traverso-Noè in via Brichetti, zona “ponte di pietra”.La produzione di radiatori viene abbinata a quella di vasche da bagno smaltate e di cucine economiche.
Nel 1930 il complesso industriale diventa NECCHI & CAMPIGLIO, fonderia gestita da Angelo Campiglio, genero di Ambrogio Necchi, avendo sposato la figlia Gigina.
Oggi su parte dell’area sorge il Centro commerciale Minerva e la società che gestisce il parcheggio a più piani non poteva che chiamarsi Navigliaccio.
E quindi la NECCHI famosa a metà del secolo scorso per le macchine da cucire?
Occorre risalire al 1916 quando a soli 56 anni viene a mancare Ambrogio Necchi.
Reduce dalla guerra il giovane figlio Vittorio pur proseguendo l’attività di trasformazione della ghisa del padre, decide di creare una nuova azienda, la Industrie Riunite Italiane (I.R.I.) per la produzione di macchine per cucire, fino a quel momento monopolio esclusivo di imprese straniere.
La nuova attività, insediata alla Torrettina sulla Vigentina con una quarantina di dipendenti in pochi anni si afferma sul mercato e nel 1924 assume la denominazione di Società anonima Vittorio Necchi.
Rilevando una fonderia insediata in via Vittorio Emanuele II e costruendo nuove infrastrutture nell’area dell’ex piazza d’armi inizia il decollo vertiginoso del brand.
Nel 1932 viene prodotta la prima macchina per cucire per uso domestico con cucitura brevettata a zig zag, la “BU”. Escono dalla fabbrica in quegli anni quasi 20.000 macchine all’anno, di cui una parte esportata.
Grande orgoglio per Vittorio Necchi essere l’esclusivo fornitore della Casa Reale
Ma è nel secondo dopoguerra che la Necchi arriva a occupare 6.500 addetti e il marchio diventa predominante sul mercato nazionale e conosciuto a livello mondiale.
Dalla fabbrica esce nel 1953 la Supernova, nel 1955 la Lidia, nel 1956 la Mirella.
La Supernova unisce innovazione tecnologica ad un disegno modernissimo, è un vero e proprio laboratorio automatico.
La macchina vince il Compasso d’Oro, premio che si aggiudica anche la Mirella che oggi fa parte della mostra permanente del MOMA di New York.
Un vezzo del grande imprenditore è quello di regalare l’ultimo esemplare di macchina da cucire prodotto alle spose al cui matrimonio veniva invitato.
Le storie delle grandi dinastie imprenditoriali sono purtroppo quasi sempre senza lieto fine.
L’impero Necchi inizia ad entrare in crisi a fine anni Sessanta per l’avvento del vestiario preconfezionato e quindi del ridotto utilizzo delle macchine ad uso domestico e per l’arrivo
sul mercato di prodotti d’importazione a prezzi dimezzati.
Pur cercando di diversificare la produzione, dedicandosi anche al settore frigoriferi e suoi compressori, l’azienda precipita verso il declino anche per la morte di Vittorio avvenuta nel 1975.
Subentra nella proprietà una cordata di imprenditori fra cui Marzotto, Merloni e Novicelli a cui fa capo l’ng. Bruno Beccaria.
Cosa succede da questo momento è risaputo ai pavesi.
Dopo mille vicissitudini, la Necchi semplicemente a Pavia non c’è più.
EZIO TIRABOSCHI