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La serie sugli 883 “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” chiude la stagione tra successo e crisi

L’estate all’Aquafan segna la consacrazione degli 883 e l’inizio delle prime tensioni nel duo tra Max e Mauro.

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Gli episodi 7 e 8 della serie “Hanno ucciso l’Uomo Ragno”, dedicata al fenomeno musicale degli 883, ci conducono nel cuore di un’estate italiana indimenticabile e segnata dal successo. La storia si apre con una telefonata di Cecchetto, figura cardine del duo, che ordina a Max (interpretato da Egon Savinelli) e Mauro (Alessandro Calderoni) di raggiungere l’Aquafan di Riccione, luogo simbolo di gioventù e popolarità negli anni Novanta.

Un’estate all’Aquafan: tra fama e sacrifici personali

L’invito di Cecchetto rappresenta per gli 883 la consacrazione definitiva nel panorama musicale. Con il parco acquatico trasmesso in diretta da Radio Deejay, partecipare a questo evento significa essere riconosciuti come le star del momento. Se Mauro sembra integrarsi con disinvoltura nel mondo di interviste e feste, per Max, più introverso, la distanza dalla sua fidanzata Silvia si fa sentire. Quello che doveva essere un breve soggiorno diventa un lungo periodo, alimentando tensioni e sacrifici personali.

Il concerto di chiusura e le tensioni crescenti

Gli episodi finali si sviluppano attorno al concerto di chiusura dell’Aquafan, un traguardo ambitissimo. Tuttavia, proprio nel momento di massimo successo, emergono le prime crepe nel duo: Mauro inizia a sentirsi intrappolato nel ruolo di “ballerino”, una definizione che la stampa gli ha affibbiato, mentre Max appare determinato a sfruttare appieno l’ondata di popolarità. Le divergenze si accentuano fino a culminare in una crisi che mette in discussione il loro sodalizio.

Silvia, nel frattempo, osserva da lontano il crescente successo di Max e la distanza emotiva che ne deriva. Il loro rapporto giunge a un punto di svolta quando Silvia decide di partire per Dublino per inseguire i propri sogni, rendendosi conto che il mondo di Max potrebbe non lasciare più spazio per la loro storia.

Una chiusura simbolica e aperta al contempo

Gli episodi si concludono con un finale emblematico: Max, nostalgico, si rifugia nella tavernetta e recupera un nastro che contiene una canzone dedicata a Silvia. Quella canzone, “Come mai”, diventa simbolo dell’amore perduto e dell’inizio di una nuova fase creativa. La reazione di Mauro, che chiede scherzosamente “Come la ballo questa?”, apre uno spunto malinconico: il contrasto fra il sogno e la realtà, fra la ricerca della propria identità e il dover “essere” quello che gli altri si aspettano.

Il senso di un finale aperto

Questo finale, lontano dalla chiusura narrativa tipica delle serie internazionali, è una riflessione sulle scelte di vita, la crescita e le responsabilità dell’età adulta. La domanda di Mauro a Max lascia trasparire una certa insoddisfazione per il ruolo che ha assunto nel duo, anticipando l’eventuale separazione artistica che sappiamo essere parte della loro storia.

Questa conclusione, lasciata in sospeso, cattura perfettamente l’essenza nostalgica e complessa degli 883, con un finale che apre al futuro del duo e che, come le loro canzoni, risuona tra le generazioni, evocando le incertezze e i sogni di una generazione che ha amato, e continua ad amare, gli 883.