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Il Declino del Gusto di Frutta e Verdura nei Supermercati: Cause e Conseguenze della Produzione Intensiva

Come i sistemi agricoli moderni hanno compromesso il sapore e i nutrienti dei nostri alimenti, e cosa possiamo fare per invertire la tendenza.

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Frutta e verdura hanno perso sapore. Non è solo un luogo comune diffuso nei supermercati e nelle cucine, ma una realtà confermata da un sondaggio dell'Osservatorio Ismea-Agroter: quasi un terzo degli italiani è insoddisfatto del gusto dei prodotti ortofrutticoli. Questa delusione ha radici scientifiche, legate ai sistemi di produzione intensiva che, dal Dopoguerra a oggi, hanno alterato l'aroma di questi alimenti. L'uso di fertilizzanti, la coltivazione in serra, la catena del freddo e i lunghi trasporti hanno generato quello che viene chiamato "effetto diluizione": frutti e verdure più grandi e belli, ma con un sapore meno intenso e un minor contenuto di sostanze nutritive.

Frutti climaterici e non climaterici
È essenziale distinguere tra frutti climaterici e non climaterici. I primi continuano a maturare dopo essere stati raccolti, mentre i secondi interrompono il processo una volta staccati dalla pianta. Per questo, alimenti come pomodori (sì, tecnicamente sono frutti), mele o banane vengono raccolti verdi per giungere maturi sugli scaffali dei supermercati. Tuttavia, maturazione non è sinonimo di bontà. La produzione di etilene, un gas che degrada la clorofilla, contribuisce a un colore più attraente e a una polpa più morbida, ma se il frutto non ha accumulato abbastanza amido da convertire in zuccheri prima della raccolta, il sapore ne risentirà nonostante l’aspetto invitante.

 

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La catena del freddo
Un altro fattore che complica il naturale processo di maturazione è la catena del freddo, fondamentale per garantire la conservazione durante il trasporto. Uno studio del 2016 pubblicato su PNAS ha dimostrato che i pomodori conservati troppo a lungo sotto i 12 gradi subiscono un'alterazione degli enzimi responsabili della sintesi delle sostanze volatili che caratterizzano il loro aroma. Più lungo è il viaggio del prodotto dal paese d'origine, maggiore è il rischio di un sapore insipido. Inoltre, la refrigerazione incide negativamente sul contenuto di nutrienti, specialmente vitamine e sali minerali.

 Il caso dei pomodori
I pomodori sono un esempio emblematico, essendo tra gli ortaggi più consumati e considerati uno dei pilastri della cucina italiana dal 1950. Con l’aumento della domanda e la necessità di avere cibi disponibili tutto l'anno, la ricerca agricola ha sviluppato varietà ibride con una resa maggiore e un aspetto più uniforme, ma a discapito del gusto. La coltivazione in serre riscaldate, dove le piante non ricevono mai la luce diretta del sole, ha ulteriormente compromesso la concentrazione di etilene e zuccheri, fondamentali per il sapore.

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 Carenza di nutrienti
Un altro aspetto preoccupante riguarda la riduzione dei nutrienti. Uno studio del 2004 pubblicato sul Journal of American College of Nutrition ha confrontato i dati raccolti dall'USDA tra il 1950 e il 1999, evidenziando una riduzione significativa di 13 nutrienti in 43 specie di ortaggi, con una media del 40%. Oggi, per ottenere la stessa quantità di vitamina A presente in un'arancia negli anni '50, dovremmo consumarne otto. I sistemi di produzione intensiva, che privilegiano la quantità, esauriscono il terreno, impedendogli di rigenerare i nutrienti, aggravati dall'uso massiccio di fertilizzanti che, pur aumentando la dimensione del frutto, non ne migliorano sapore o qualità.

Possibili soluzioni
Acquistare prodotti locali e di stagione può essere una soluzione parziale, ma la questione richiede un intervento su larga scala, con politiche che promuovano ritmi di produzione e consumo più in sintonia con i cicli naturali, a beneficio della salute e del gusto.