Il Crocefisso di Teodote e la mia San Michele: Viaggio nel cuore di Pavia di Ezio Tiraboschi
Ezio Tiraboschi racconta la Basilica di San Michele Maggiore, tra ricordi personali e meraviglie storiche, come il Crocefisso d’argento della badessa Reingarda
Sono nato a pochi passi, in una palazzina di Lungo Ticino Sforza, si risale verso il centro città lungo via Paolo Diacono ed eccola lì, nella sua magnificenza.
È la Basilica di San Michele Maggiore, una delle chiese più antiche e importanti di Pavia.
È la “mia chiesa”, in essa sono stato battezzato e cresimato, lì ho accompagnato i miei genitori all’ultimo saluto, lì ha avuto il primo Sacramento mia figlia Nicole, battezzata oltre trenta anni fa dal mitico don Elia Zucca.
In quel quartiere ho trascorso gran parte della mia infanzia e della mia gioventù, quante migliaia di ore all’oratorio in via Pedotti.
San Michele è di origine longobarda o forse anche di età anteriore. Ne viene indicata l’esistenza già nel 642 all’epoca del re Grimoaldo, ma le prime pietre furono probabilmente poste su ordine del vescovo Ennodio nel secolo precedente.
La Basilica fu più volte ricostruita e la struttura attuale dovrebbe essere quella che nel 1155 vide l’incoronazione di Federico Barbarossa, re d’Italia.
Ma furono molti i Re longobardi che precedentemente fecero di San Michele il luogo sacro di elezione:
Berengario I nell’888, Ugo di Provenza nel 926, Berengario II e Adalberto II nel 950, Arduino d’Ivrea nel 1002, Enrico II nel 1004.
La chiesa è caratterizzata da una splendida facciata in pietra arenaria, purtroppo soggetta a costante e inarrestabile degrado, nonostante importanti interventi di restauro come quello famoso realizzato negli anni ’60 da Paolo Sampaolesi.
Qui voglio soffermarmi su una preziosa opera conservata all’interno della Basilica.
Si tratta di un crocefisso in lamina d’argento risalente al X secolo, della badessa Reingarda, che i pavesi da sempre chiamano di Teodote.
Chi era Teodote?
Era una bellissima nobile donzella di origine romana con lunghissimi capelli biondi, che a quei tempi significava non essere maritata.
La storia o più probabilmente la leggenda racconta che fu notata alle terme dal re longobardo Cuniberto che se ne invaghì.
Decise di mettere in atto uno stratagemma per dare sfogo al suo desiderio.
Portò la regina Ermelinda, sua coniuge, ad una battuta di caccia nei boschi attorno al Ticino e di notte furtivamente rientrò a Pavia.
Si fece raggiungere a palazzo dalla giovane e soddisfò le sue voglie.
Per nascondere il misfatto rinchiuse Teodote in un monastero dove la giovane rimase segregata tutta la vita.
Quel monastero femminile assunse il nome di Santa Maria di Teodote o della Pusterla ed oggi è sede del Seminario vescovile.
Il Crocifisso fu rinvenuto nel XVI secolo in un pozzo di una cappella del monastero, forse nascosto in epoca precedente per non essere rubato e lì rimase esposto sino al 1799 quando per la soppressione del monastero fu trasferito in San Michele.
L’opera misura oltre 2 metri in altezza e raffigura Cristo in posizione “trionfante”, cioè con testa eretta leggermente piegata a destra, occhi aperti, vivo sulla Croce e privo dei segni del martirio, quindi senza corona di spine, ferite nelle mani, nei piedi, nel costato e senza chiodi.
Simboleggia la sua vittoria sulla morte, una rappresentazione molto diffusa durante l’alto medioevo, poi abbandonata.
Al di sopra del Cristo sono raffigurati due figure che ricordano il sole e la luna ad indicare la doppia natura divina e umana di Gesù, ai lati delle braccia sono incise le immagini della Vergine e San Giovanni Battista mentre sotto i piedi una placca ritrae la committente badessa Raingarda insieme alla Maddalena.
Una visita alla Basilica di San Michele e al Crocefisso di Teodote certo non è tempo sprecato.
Ezio Tiraboschi