I cani nella mia vita: storie vere di code, fango e amore incondizionato di Ezio Tiraboschi
Dalla Bianchina verso Sassuolo a una cockerina cieca: una vita raccontata attraverso gli occhi (e i musetti) dei cani che l’hanno attraversata e cambiata per sempre
Lo spunto per questo pezzo mi è arrivato da alcuni video postati su Instagram da un giovane filmmaker iraniano che per le strade di Torino fotografa i cani a passeggio con i loro “compagni umani”.
Si chiama Navid Tarazi e probabilmente molti già lo conoscono. E’ in Italia dal 2022 per studiare ingegneria ambientale e la sua pagìna è DOGGODAILY, con oltre centotrentamila follower.
E’ l’influencer che “sussurra” ai cani, un bravo ritrattista che sa cogliere quel qualcosa di speciale che ha ogni quattro zampe e, intervistando il “compagno umano” fa risaltare il racconto dell’incontro e del rapporto che li lega. Ogni video è una breve ma simpatica storia.
Navid confessa di aver imparato ad amare i cani qui in Italia, perché nel suo Paese d’origine è proibito tenerne da compagnia.
Ebbene, anch’io amo i cani, probabilmente esagero, ma in fondo spesso li preferisco alle persone, o, almeno, a certe persone.
Il detto “il cane è il miglior amico dell’uomo” è certamente un’eccessiva forzatura, ma quasi sempre il cane lo vorrebbe essere, purtroppo spesso incontra sulla propria strada dei miserabili che lo maltrattano e lo abbandonano.
La lunga premessa per raccontare qualche aneddoto della mia vita sempre accanto alla razza canina.
Anni ’70. Partiamo una mattina poco dopo l’alba. Io, mamma Maurina, papà Orazio alla guida di un’Autobianchi Bianchina azzurra. Destinazione Emilia-Romagna. Per l’esattezza Sassuolo.
Non ho mai capito il perché, ma papà Orazio aveva individuato laggiù l’allevamento migliore per dare inizio alla mia vita da convivente con i quattro zampe.
In una scatola di scarpe, nel viaggio di ritorno, ci accompagna un nuovo quarto componente della famiglia. Ha quasi tre mesi, si chiama Flash ed è un cocker spaniel fulvo.
Qualche settimana di adattamento, forse solo qualche giorno e il mio comodo divano letto diventa il suo, nel senso che ogni volta che rientro tardi la sera lo trovo beatamente disteso sulla coperta e devo guadagnarmi lo spazio vitale mentre lui spinge forte con le zampe per buttarmi giù.
Cane dolcissimo, intelligente, educato senza che qualcuno abbia mai provato ad insegnargli alcunchè, ha convissuto noi per oltre quattordici anni.
Senza guinzaglio riportava il giornale dall’edicola di Corso Garibaldi senza danneggiarlo, dove
lo lasciavi lì restava senza mai protestare, si accucciava sulle ginocchia di papà e sembrava che ascoltassero insieme il telegiornale e sempre da papà, da sotto il tavolo, durante pranzo e cena, prendeva i bocconcini direttamente dalla forchetta.... Anche in presenza di ospiti.
Passa qualche tempo e vado a convivere con la mia futura moglie Laura. Il che comporta dividere l’appartamento con lei e con Pepito, un Yorkshire di tre anni, un tipino da prendere con le molle, piuttosto agitato, docile e coccolone in casa, aggressivo e scassa marroni con gli altri cani soprattutto se di taglia grande, insomma un carattere di palta, un batuffolo di pelo a cui ho chiesto più volte chi credesse di essere, ma non ho mai avuto risposta.
Pepito si ammala presto e se ne va ancora giovane.
Mi trasferisco con moglie e la piccola Nicole in una villetta con giardino. Penso che sarebbe bello che mia figlia crescesse come è capitato a me da adolescente a contatto con un cagnolino. Mentre la famiglia è in villeggiatura in Liguria mi gioco il jolly e porto a casa un cucciolone di 3 mesi di labrador color sabbia. Si chiama Paco e scoprirò subito che dietro quel simpaticissimo muso si nasconde un pazzo.
Esuberante, giocherellone, dispettoso, sempre affamato, molto testardo.
In giardino fa bella mostra di sé una pianta di cachi. Paco, seduto sotto i rami, pazientemente aspetta che i frutti cadano a terra, se li mangia, compreso il picciolo verde.
Laura concima le piante del giardino infilando in ogni vaso le apposite fialette. Passano pochi minuti e le fialette sono sparite. Paco le ha inghiottite una dopo l’altra. Corsa dal veterinario.
Nessuna conseguenza, solo un bel rutto e scentrato come prima. Stomaco di ferro, cervello zero.
Laura pianta nelle aiuole delle belle viole. Durata circa due minuti. Tutte sradicate e inghiottite.
Uno pensa che un labrador non abbia problemi con l’acqua, ovvio che sia un ottimo nuotatore, soprattutto se lo hai preso in un allevamento che si chiama Amici dell’acqua.
Infatti, mese di maggio, Paco ha circa un anno, vado in riva a Ticino, zona Ponte Coperto e gli lancio una pallina non lontano da riva.
Lui deciso si immerge per raggiungere l’obiettivo ma inizia ad affondare con le zampe posteriori.
L’acqua è gelida ma sono costretto a tuffarmi, lo afferro e lo trascino a riva.
Considerazione finale: credo che Paco sia stato l’unico labrador nella storia della razza a non stare a galla, poverino andava giù come un sasso.
Dopo qualche mese dall’arrivo di Paco decidiamo di dargli compagnia.
Breve visita al Rifugio di Travacò e dopo poche ore ecco comparire nella nostra vita Nuvola, una cucciolona di circa un anno, bianca e nera, una bella meticcia che ricorda un dalmata.
Docile, ubbidiente, tosta nel sopportare l’esuberanza di Paco e parecchio scaltra. In poco tempo diventa il capo branco, dominante sul povero fessacchiotto.
Nuvola va in escandescenze solo quando qualche micio tenta di attraversare il suo territorio.
Diventa una specie di iena, pelo irto e denti sgranati. Risultato, mai intercettato alcun gatto ma più volte ho dovuto arrampicarmi sulla betulla giù in fondo al giardino per soccorrere mici fuggiti
sui rami più alti.
Nuvola sopravviverà a Paco, andatosene giovane per un tumore ad una zampa. La meticcia diventerà l’assoluta padrona di casa e anima gemella di Laura. Si terranno compagnia per anni, io sempre fuori per lavoro e Nicole impegnata a crescere.
Ci lascerà in età avanzata e il vuoto di qualcosa di peloso che circola per casa dura solo qualche mese.
Mi suggeriscono di far visita ad una cagnolona che vive in un cortile fuori città di cui i proprietari vogliono liberarsene.
Ovviamente ci vado e scocca immediatamente un amore incondizionato.
Pesa oltre 40 chili e mi colpisce subito il suo muso clamorosamente simpatico. Si chiama Cleopatra, che chiameremo sempre solo Cleo ed è una femmina di San Bernardo a pelo corto
di circa due anni.
Diventa in pochi giorni la mascotte dell’intero Borgo. Tutti si fermano davanti al cancello. Caramelle, biscotti, carezze, Cleo non si fa mancare nulla. Pacifica, tenerissima, credo di non averla mai sentita abbaiare in tredici anni.
Tanto inoffensiva che riesce a farsi morsicare il tartufo da un bastardino che la azzanna attraverso le inferriate del cancello. Nessuna reazione, nessun gemito, le resterà la cicatrice per sempre.
La chiamiamo “la culona” perché passa mezze giornate sullo scivolo che porta al garage con le zampe anteriori verso la discesa e con il testone girato 180° per osservare chi passa.
Tanto grossa quanto terrorizzata dai botti. Ad ogni Festa del Ticino ero costretto a chiudermi con lei in garage e tenerla stretta perché ad ogni scoppio dei fuochi tremava tanto spaventata che temevo le venisse un coccolone.
La chiamavamo anche la “vecchia signora” perché, come certe donne anziane, a Ticino immergeva solo le terga, seduta e immobile come una statua.
Cleo se ne è andata a tredici anni, un’età avanzata per un cane di quella stazza. L’ho tenuta stretta a me fino all’ultimo respiro.
Ed ora la mia “compagna” attuale. Poche settimane dopo la dipartita di Cleo una domenica sera si presenta Nicole con un batuffolo tutto nero. Arriva da un allevamento di Ponte di Legno, ha tre
mesi, è una cockerina spaniel, si chiama Peggy.
Oggi ha quasi otto anno e purtroppo, da qualche mese, per una malattia irreversibile alle retine, è diventata cieca.
Si, viviamo praticamente in simbiosi. Non la lascio mai sola, ora ha bisogno di un punto di riferimento costante per vivere decentemente al buio totale.
Le parlo per indirizzarla, la rassicuro, l’aiuto come posso.
Facevamo lunghe passeggiate in campagna e nei boschi, amavamo tuffarci insieme nelle acque del Ticino, era una nuotatrice provetta. Ora devo limitarmi, anche se con olfatto e udito riesce
comunque a muoversi discretamente. A parte qualche “musata” contro gli ostacoli, sia in casa che in giardino riesce ad essere ancora abbastanza autonoma. E la ciotola delle crocchette sa
perfettamente dov’è.
Chissà se sono normale.
Ezio Tiraboschi