Giuseppe Carganico: l’artigiano geniale che illuminò Pavia di Ezio Tiraboschi
Inventore delle lampade a riverbero e maestro nella fabbricazione di strumenti ortopedici, contribuì al progresso medico e urbanistico della città
Ami Argand nel 1780 inventò la lampada a olio con lo stoppino al centro.
Si trattava della prima significativa invenzione nel campo dell’illuminazione dopo quella della candela.
La prima città italiana che adottò quella fonte di luce artificiale fu Novara che installò le lampade a olio in molte vie fino ad allora buie e pericolose.
Nel 1812 il Municipio di Pavia incaricò Giuseppe Carganico di recarsi nella città piemontese, studiare l’impianto e progettare l’installazione nelle strade pavesi.
Il Carganico ritornato a Pavia escogitò un duplice importante perfezionamento e cioè una curva parabolica nel braccio di sostegno della lampada che permetteva alla luce, distanziata dal muro, di illuminare interamente la pubblica via e un congegno che eliminava la necessità dell’uso della scala per la manutenzione della lampada, ottenendo di poter velocemente abbassarla e alzarla mediante una semplice asta.
Questi perfezionamenti all’invenzione di Argand ebbero un immediato e straordinario successo, tanto che oltre che a Pavia le lampade a riverbero, come vennero denominate, in breve tempo furono installate in altre ventiquattro città, fra cui Milano.
Ma chi era Giuseppe Carganico?
Sebbene non fosse nato a Pavia, ma a Regatolo, una frazione di Bellagio nel 1767, giunse a Pavia giovanissimo e qui visse tutta la vita tanto da considerarla la propria patria adottiva. Nell’epigrafe scolpita sul suo sepolcro al Cimitero Maggiore è descritto “cittadino pavese”.
Arrivato in città in cerca di lavoro, venne preso come garzone da un fabbro che fabbricava cinti per l’ernia. La cosa non deve affatto stupire, in quei tempi non esistevano ortopedici specializzati.
Il Carganico si dimostrò subito assai abile nel lavoro manuale e si mise a costruire, da vero artigiano, ingegnosi apparecchi e attrezzi di fine meccanica.
I suoi lavori furono notati dal prof. Giacomo Rezia, insegnante di Anatomia e Istituzione chirurgica che gli fece costruire particolari strumenti chirurgici decisamente innovativi per i tempi.
Il famoso prof. Antonio Scarpa, professore emerito dell’università di Pavia, riscontrata l’abilità dell’artigiano, gli appaltò la fornitura di tutti gli strumenti chirurgici dell’Ospedale San Matteo, convincendolo a non trasferirsi a Vienna dove era stato invitato dal governo di Milano per esercitarvi la sua attività con promessa di laute ricompense.
Il Carganico, ormai avviato ad una carriera prestigiosa aprì un’apposita officina di fabbro ortopedico in contrada delle Gabbette, oggi Corso Carlo Alberto, costruendo, su ordinazione, gambe artificiali, ingegnose apparecchiature per ridurre i piedi storti, per correggere imperfezioni della spina dorsale e delle spalle e naturalmente cinti per l’ernia, allora assolutamente inoperabile.
Divenne celebre in tutto il Regno d’Italia, tanto da ottenere numerosi riconoscimenti pubbici e premi speciali e vantare clienti da ogni dove.
Successivamente alla realizzazione del suo progetto delle lampade a olio a riverbero, venne anche chiamato a far parte del Consiglio comunale.
Morì nella notte del 10 novembre 1837 destando profondo cordoglio specialmente fra i poveri della parrocchia di San Francesco, verso i quali, forse memore delle sue umili origini, si era sempre mostrato molto generoso.
Riposa al Cimitero Maggiore di Pavia. Per lui fu eretto un monumento disegnato dal prof. Giuseppe Marchesi sul quale fece scolpire un braccio con lampada ad olio, un cinto per l’ernia e uno stivale ortopedico.
Ezio Tiraboschi