Fallimento di SGS: Liquidazione giudiziale per il Campus Aquae
Il Tribunale di Pavia respinge il piano di risanamento da 30 milioni di euro. Attività sotto gestione temporanea.
La società Sgs, che gestisce il Campus Aquae di Strada Cascinazza, è fallita. Il piano di risanamento dai debiti - circa 30 milioni di euro - chiesto alcuni mesi fa dalla società, non si può fare, perché non c’è l’accordo dei creditori principali, cioè l’Università (che è anche proprietaria del complesso), l’Agenzia delle entrate e due istituti di credito. Il Tribunale ha così respinto la richiesta di omologa del piano (il concordato preventivo) e dato il via alla liquidazione giudiziale.
A questo punto il curatore dovrà cominciare l’inventario dei beni della società «con la massima urgenza per evitarne l’occultamento o la dispersione», scrivono nella sentenza, decisa pochi giorni fa, i giudici Erminio Rizzi, Francesca Claris Appiani e Mariangela Cunati. Questi beni saranno utilizzati per soddisfare i creditori. L’udienza per fare il punto della situazione (l’esame dello stato passivo) è fissata per il 14 novembre.
Ma cosa succederà nel frattempo alle attività del Campus Aquae, tra cui la piscina, la mensa universitaria, le aule didattiche e il centro benessere? I giudici hanno autorizzato l’esercizio provvisorio dell’impresa: le attività andranno quindi avanti ma sotto il controllo del Tribunale.
Di certo il complesso, realizzato nel 2006 attraverso un patto tra pubblico (Università) e privato (la società Sgs di Denise Pacchiarotti e prima di questa la Unisport, poi fallita), è diventato negli anni un punto di riferimento per il mondo universitario e non solo.
Il fallimento della società che lo gestisce, quindi, crea tanti timori, a cominciare dal fatto che l’Ateneo, garante dei prestiti accordati dalle banche, rischia di perdere la proprietà del complesso.
La convenzione con l’Università prevedeva una gestione del privato per trent’anni (oggi ci sono anche delle sub concessionarie). Una gestione che non stata però affatto lineare: negli anni Sgs ha accumulato debiti per oltre 30 milioni di euro.
Le ragioni non sono note (oltre ai debiti con le banche si sono accumulati anche diversi contenziosi legali proprio con l’Ateneo, a cominciare da alcuni lavori realizzati dopo l’accordo), ma per uscire da questa situazione alcuni mesi fa Sgs ha dichiarato lo stato di crisi e presentato in tribunale la richiesta di concordato preventivo «in continuità aziendale».
In altre parole, un piano di risanamento dai debiti senza fermare l’attività, che prevedeva di mettere a disposizione dei creditori una percentuale del proprio attivo da qui fino alla scadenza della convenzione con l’Università, prevista per il 2036. Una proposta che doveva essere approvata a maggioranza dai creditori per essere ammessa dal Tribunale.
Ma i quattro creditori principali, tra cui l’Ateneo, non hanno votato a favore. In realtà il Consiglio di amministrazione dell’Università, nella seduta del 23 maggio, aveva espresso un parere favorevole, anche se con riserva e alcune proposte di modifica.
Le ragioni del ripensamento non sono chiare: l’Ateneo è seguito dall’avvocato Bruno Toninelli, dal quale ieri non è stato possibile raccogliere una dichiarazione. Sgs attraverso i suoi legali ha insistito con il Tribunale, chiedendo “l’omologa forzosa” (la legge prevede che in alcune condizioni si possa procedere con il concordato preventivo anche se non c’è l’accordo dei creditori), ma i giudici hanno respinto la richiesta.