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Antonio Monteleone: " Prasomaso: Un Viaggio nella Storia e nella Cura della Tubercolosi"

Riflessioni di un Infermiere e Padre sulla Storia del Sanatorio di Prasomaso e sulla Salute di Oggi

 

 

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Mi chiamo Antonio Monteleone, infermiere di Pavia, e da circa vent’anni sono un assiduo turista e viaggiatore in Valtellina. Il mio avvicinamento a Prasomaso è stato dettato da motivi personali, legati soprattutto al miglioramento delle condizioni di salute di mia figlia. Questa scelta è stata di grande importanza, basata sulla convinzione che l'aria fresca e balsamica a 1250 metri s.l.m. potesse offrire un beneficio tangibile alla salute, fungendo da supporto alla cura dei mali stagionali.

Giorno dopo giorno, la mia convinzione si è rafforzata, fino a diventare una realtà indiscutibile. Approfondendo le mie ricerche, ho scoperto l'esistenza del Sanatorio di Prasomaso, e ho avuto l'opportunità di incontrare ex degenti e persone che avevano vissuto questa esperienza, direttamente o indirettamente, attraverso familiari che vi avevano lavorato. Questi incontri hanno consolidato legami di amicizia che mi hanno motivato a contribuire alla diffusione della conoscenza di questo luogo.

Grazie ai progressi della Medicina, negli anni '70, con l'introduzione degli antibiotici, è stato possibile curare i pazienti affetti da tubercolosi a casa, segnando così la fine dell'era dei sanatori. Dopo il 1970, il Sanatorio di Prasomaso ha iniziato il suo declino, fino alla sua chiusura definitiva, vittima del tempo, della natura e, purtroppo, anche dell'intervento distruttivo dell'uomo.

Mi auguro che, leggendo questi racconti di vita vissuta, accompagnati da alcuni reperti fotografici, si possa rivivere con la mente ciò che è stato sperimentato da tante persone: ex degenti, oggi uomini e donne, e molti altri che purtroppo non sono più con noi in questa vita terrena.

Prasomaso si trova sul versante retico della Valtellina, a un'altitudine compresa tra i 1100 e i 1250 metri s.l.m., nel comune di Tresivio. È un luogo noto per le strutture ospedaliere costruite all’inizio del '900, destinate alla cura della tubercolosi, una malattia all'epoca molto diffusa.

Dedico quanto scritto alla mia famiglia e a mia figlia Benedetta. Per lei ho scelto questo luogo di “villeggiatura”, con la motivazione, ancora più importante, di salvaguardare la sua salute.

 

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