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"Altro che cremazione: in Tibet ti fanno a pezzi (per davvero). La campagna shock arriva anche da Taffo Pavia"

Una provocazione visiva e culturale che racconta la sepoltura celeste tibetana e spinge a riflettere sul significato della morte. Tra spiritualità e black humor, anche Taffo Pavia si unisce al dibattito.

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In un'epoca in cui anche la morte è stata addomesticata da parole dolci, cuscini di velluto e musica di sottofondo, arriva una campagna che strappa via il velo dell’ipocrisia e lo sostituisce con una domanda scomoda:
“Altro che cremazione, in Tibet ti fanno a pezzi per gli avvoltoi.”

Sì, avete letto bene.

Il riferimento è alla sepoltura celeste – Jhator, che in tibetano significa “elemosina agli uccelli”. Si tratta di una pratica funeraria millenaria, in cui il corpo del defunto viene smembrato da un Rogyapa (letteralmente “demolitore di corpi”) e offerto ai grandi avvoltoi himalayani. Per la cultura buddhista tibetana, il corpo non ha più alcun valore materiale una volta che l’anima si è liberata. Donarlo ad altri esseri viventi è un gesto di compassione, un ultimo atto di generosità.

In Occidente, dove la morte è spesso tenuta a distanza e coperta di eufemismi, una simile immagine può risultare disturbante. Ed è proprio su questo contrasto che punta la recente campagna, che accosta immagini crude e copy taglienti con contenuti di profonda spiritualità.

Una campagna che Taffo Pavia non poteva ignorare

A raccogliere la provocazione e rilanciarla con il suo stile inconfondibile è stata Taffo Pavia, la sede pavese dell’impresa funebre divenuta celebre in tutta Italia per il suo black humor e la capacità di parlare della morte con ironia e intelligenza.

Sui social, il post è diventato virale: “Cremazione? Tradizionale? Green? In Tibet ti fanno a pezzi. Ma per una buona causa.
Con un tocco cinico e sarcastico che è ormai il marchio di fabbrica del brand, Taffo Pavia ha riportato alla luce (è il caso di dirlo) un rituale lontanissimo dal nostro immaginario, ma potentemente evocativo.

Tabù, marketing e spiritualità

L’obiettivo della campagna non è vendere un servizio funebre alternativo. È smantellare le certezze culturali che ruotano attorno alla morte, e mostrare che altrove – come in Tibet – essa può essere affrontata con naturalezza, perfino con altruismo.

In tempi in cui tutto è consumo, anche la morte diventa argomento di comunicazione. Ma non necessariamente in modo superficiale. Parlare della sepoltura celeste non significa ridicolizzare, ma anzi: mettere in discussione il nostro modo di concepire il corpo, la fine, e il “dopo”.

E tu, ti lasceresti smembrare per una buona causa?

La domanda finale è tanto provocatoria quanto filosofica. Se il corpo è solo un guscio, come insegna il buddhismo tibetano, perché non restituirlo alla natura? Perché non trasformare la morte in un gesto concreto di compassione?

Anche qui, Taffo Pavia ha colto il cuore del messaggio: far parlare della morte senza retorica. E, paradossalmente, ricordarci che anche nei nostri ultimi istanti, possiamo scegliere come restare.

 

M.F.F.